
Una piaga endemica. Il problema dell’occupazione abusiva, a Roma, somiglia molto da vicino a un rompicapo inestricabile. La complessità della questione si struttura su diversi livelli e ha radici profonde. Tanto che sembra impossibile far risalire le cause della situazione attuale a un’unica matrice. Sono in gioco difficoltà di carattere politico, sociale, giuridico, burocratico e di ordine pubblico.
Una matassa tanto intricata che ha condotto, col passare degli anni, a una situazione incontrollabile (sono un centinaio gli edifici occupati abusivamente nella Capitale), proliferata per via della paralisi nella quale sono relegate istituzioni e amministrazioni. Basti pensare che la lista di sgomberi prioritari stilata dall’allora commissario speciale di Roma, Francesco Paolo Tronca, dall’aprile 2016 a oggi è rimasta pressoché intatta.
Eppure, sembrava l’alba di una nuova era. Tronca voleva dare un’accelerata decisiva nella lotta all’occupazione abusiva e aveva deciso di partire con gli sgomberi “di massa”, ovvero quelli che riguardano interi edifici occupati in maniera illegale dalle azioni coordinate di associazioni o gruppi di persone. Perché, è bene specificare, le occupazioni “di massa” rappresentano solo una parte, per quanto molto consistente, del problema generale.
Sono moltissimi anche i casi di singole persone che abitano, senza averne diritto, in appartamenti di edilizia popolare (in lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio ci sono più di dodicimila persone che ne avrebbero diritto a Roma). Ma, per trattare approfonditamente questo tema, serve un capitolo a parte.
Fatto sta che, ormai più di due anni fa, l’ex Prefetto aveva portato in giunta capitolina il Piano di attuazione del programma regionale per l'emergenza abitativa. Inoltre, tra le decisioni prese dal Tavolo tecnico per l’emergenza abitativa, era emersa la necessità di intervenire sugli immobili occupati con la seguente scala di priorità:
A) immobili pericolanti con rischio per l’incolumità degli occupanti;
B) immobili gravati da provvedimento di sequestro preventivo;
C) immobili la cui occupazione comporta danni erariali;
Una dichiarazione d’intendi che aveva portato anche a stilare una lista degli edifici da sgomberare: 74 in totale. Ma tra questi ne erano stati individuati 16 a cui era stata assegnata la massima priorità. Era il 12 aprile 2016, quando Tronca aveva diramato questa “short list”. A tutt’oggi, però, la quasi totalità (tutti tranne uno) di quegli immobili occupati versano ancora nelle medesime condizioni.
E i motivi di questo stallo, come si diceva in precedenza, sono molti e di diversa natura. In prima istanza, mancano le alternative abitative. Il Comune di Roma non è in grado di garantire un tetto a chi attualmente vive in edifici occupati. Non solo, per attuare un piano di ricezione è necessario censire dettagliatamente tutti gli "inquilini abusivi" (circa diecimila) di ogni edificio (circa un centinaio) sparsi per la città. Ma spesso chi occupa non vuole essere censito.
E anche qui le ragioni sono diverse. Si va dalla semplice paura dello sgombero a motivazioni molto più complesse. Come quelle dei “transitanti”, migranti che vogliono rimanere “invisibili” per sfuggire alla Convenzione di Dublino (un trattato internazionale per il quale l'esame delle domande di asilo e l'accoglienza del richiedente vengono attribuite allo Stato di primo ingresso), perché semplicemente l’Italia per loro è un Paese di passaggio e qualora fossero identificati sarebbero costretti a rimanerci.
Ma la circolare Minniti, entrata in vigore un anno fa, impone censimento e alternativa abitativa prima di operare uno sgombero. Questo, di fatto, ha bloccato quasi totalmente il piano sgomberi. Con qualche eccezione, come quella del Camping River dello scorso 26 luglio. Duecento uomini della Municipale, affiancati da poliziotti e carabinieri arrivati con camionette e blindati avevano portato a termine lo sgombero di uno dei più grandi insediamenti abusivi della Capitale (zona Tiberina a Roma Nord, in via della Tenuta Piccirilli).
Ora, però, la maggior parte di quelle persone sarebbe rimasta fuori dal piano del Comune e nella zona si segnalano scene di degrado e disagio con intere famiglie accampate per le strade, anche nella piazza principale di Prima Porta.
Nel frattempo, il ministro dell’Interno Salvini vuole dare un’accelerata agli sgomberi. Tanto da diffondere, a inizio settembre, una circolare che di fatto mira a bypassare i vincoli dettati da Minniti appena un anno fa dopo lo sgombero choc di piazza dell’Indipendenza. Perché, intanto, iniziano ad arrivare alcune sentenze che condannano Stato e Viminale a risarcire i proprietari degli immobili occupati.
Una situazione paradossale, perché i prefetti non possono intervenire fino a quando i comuni non operino un censimento dettagliato e assicurino alternative abitative dignitose agli occupanti. In buona sostanza lo stato delle cose è questo: i giudici stabiliscono che Stato e ministero degli Interni devono staccare assegni ultramilionari ai proprietari di immobili occupati; ma istituzioni e forze dell’ordine, di fatto, non sono diretti responsabili in quanto hanno le “mani legate” fino a quando il Comune non troverà soluzioni per gli alloggi popolari.
Per questo, la famosa lista Tronca, è rimasta quasi senza spunte dopo due anni. Ma vediamo nel dettaglio ogni singolo caso.
1 Immobile sito in Via Carlo Felice n. 69 (Municipio I)
È una delle occupazioni più longeve, dura dal 2003 (per opera di Action) e l’ordine di sgombero risale addirittura al 13 ottobre 2004. Si tratta di un palazzo nel quartiere di San Giovanni, vuoto dal 1989, di proprietà della Banca d’Italia. Come se non bastasse, l’edificio è stato dichiarato inagibile il 10 marzo 2015 dalla Commissione stabili pericolanti del Comune di Roma. Ancora oggi questo edificio ospita quasi un centinaio di persone. Qui, nel 2014, si consumò una tragedia: una madre uccise i suoi due figli prima di togliersi la vita.
2 Immobile sito in Viale del Policlinico n. 137 (Municipio II)
È un’intera palazzina abbandonata da anni, era stata occupata già a partire dal 2002, sgombrata nel 2009 e di nuovo occupata nel luglio 2010. Il Tar del Lazio, con una sentenza depositata il 21 luglio 2017, aveva accolto il ricorso dei proprietari dell’edificio, chiedendo lo sgombero dell’immobile intimando a Comune e prefettura di adottare un provvedimento entro 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza. L’occupazione non si è interrotta.
3 Immobile sito in Via delle Provincie n. 196 (Municipio II)
Nella terra di mezzo tra la residenziale piazza Bologna, la stazione Tiburtina e l’Università La Sapienza. Questo palazzo, che era abbandonato da circa 15 anni, è stato occupato a partire dal dicembre 2012 da più di 100 persone. L’ex sede Inpdai è di proprietà dell’Inps e nel 2014 è stato teatro di un violento stupro ai danni di una donna.
4 Immobile sito in Via Gian Maria Volonté n. 9 (Municipio III)
Questa palazzina, in zona Bufalotta, è stata occupata nel 2007. Lo stabile era stato edificato da una cooperativa a scopo sociale per over 65 con redditi bassi, sfruttando anche un finanziamento di circa un milione e mezzo di euro della Regione. Secondo gli occupanti era vuota da due anni al momento dell’occupazione.
5 Immobile sito in Via Tiburtina n. 1099 (Municipio IV)
Tra Tor Cervara e San Basilio, nel 2013, è iniziata l’occupazione di questo edificio che è la vecchia sede romana del quotidiano La Stampa. È una zona molto “calda”, spesso ospita assemblee dei movimenti per l’occupazione e da qui partono manifestazioni di protesta, anche per la vicinanza con altre situazioni limite.
6 Immobile sito in Via Tiburtina n. 1064 (Municipio V)
Lì vicino, in zona San Basilio, c’è anche l’Aniene Roma Palace, un albergo occupato da cento famiglie nel 2013, ancora prima che fosse inaugurato. L’azione era stata coordinata dal sindacato Associazione inquilini e abitanti (Asia) dell’Usb.
7 Immobile sito in Via Prenestina n. 944 (Municipio V)
È un albergo, o forse è meglio dire era un hotel a quattro stelle, anche l’Eurostar Roma Congress. Dopo essere caduto in disuso e abbandonato, a partire dal 6 dicembre 2012 è stato occupato da circa 200 famiglie.
8 Immobile sito in Via Collatina n. 385 (Municipio V)
È un ex sede dell’Indap, che dal 2004 ospita rifugiati politici e richiedenti asilo. Le stime variano dai 500 ai 700 occupanti, nel 2016 questo stabile è stato oggetto di un rapporto di Medici senza frontiere secondo cui «uomini, donne e bambini, persone vulnerabili che sono fuggite da situazioni drammatiche e che avrebbero ogni diritto all’assistenza, vivono in condizioni deplorevoli, con barriere spesso insormontabili che compromettono l’accesso a cure essenziali».
9 Immobile sito in Via Tuscolana n. 1782 (Municipio VII)
Si tratta di un una ex sede Inps, l’occupazione è iniziata nel 2012 e qui vivono circa un centinaio di famiglie. Nell’agosto del 2016 era finita sulle pagine di cronaca anche per un altro motivo, dopo l’esplosione di una bombola era scoppiato un incendio che si era poi esteso per tre piani dello stabile.
10 Immobile sito in Viale del Caravaggio n. 105/107 (Municipio VIII)
Questo stabile, in zona Tor Marancia, è occupato dal 2013 da circa 200 persone. Prima ospitava alcuni uffici della regione Lazio. A dicembre 2017 una sentenza del Tribunale di Roma ha condannato lo Stato e il Viminale a risarcire 266 mila euro al mese alla azienda proprietaria (Oriental Finance s.r.l.). L'indennizzo si calcola a partire da settembre 2014 e fino a quando l'immobile non verrà liberato, perché per il giudice non è stato sgomberato nonostante ci fosse un ordine di sequestro preventivo.
11 Immobile sito in Via dell’Impruneta n. 51 (Municipio XI)
Questo edificio, alla Magliana, prima era una scuola (8 marzo, il suo nome. Lo stabile sarebbe dovuto diventare un incubatore di imprese giovanili, tanto che all’epoca erano stati già stanziati 4 milioni di euro da Comune e Regione Lazio. I ritardi nei lavori, però, nel 2007 hanno permesso ad alcuni comitati di sfrattati della Magliana di occupare. Ci vivono 200 persone, anche se ormai da parecchi anni è stato dichiarato a rischio crolli. Nel 2011 fu parzialmente sgomberata, ma nel giro di pochi giorni la situazione sarebbe tornata la stessa.
12 Immobile sito in Via di Torrevecchia n. 156 (Municipio XIV)
Qui l’occupazione è iniziata nel 2012. Lo stabile prima era una casa di cura da 274 posti letto (Valle Fiorita), fallita appena un anno prima dell’azione abusiva. Oltre a un centinaio di persone, ospita anche uno sportello dei Blocchi precari metropolitani.
13 Immobile sito in Via Cardinal Capranica (Municipio XIV)
Altra occupazione “storica”, iniziata addirittura nei primi anni del 2000. Questo stabile di Primavalle è noto come ex scuola Calabria e da oltre 20 anni è sotto la lente di ingrandimento del Comune. Tanto che sarebbe nella lista degli interventi più urgenti.
14 Immobile sito in Via Curtatone n. 3 (Municipio I)
È il caso più noto, il precedente che doveva aprire la strada alla “stagione degli sgomberi” ma che, di fatto, l’ha bloccata sul nascere. Ad agosto 2017 aveva fatto scalpore lo sgombero dello stabile che si affaccia su piazza Indipendenza, a due passi dalla Stazione Termini, che ospitava rifugiati e richiedenti asilo etiopi ed eritrei.
Successivamente ai disordini, l’allora ministro degli Interni Minniti aveva emanato la famosa circolare che “lega le mani” a comuni e prefetti (tanto che recentemente Salvini ha sollecitato un nuovo intervento del Viminale per sbloccare la situazione), in quanto stabilisce la necessità di trovare alloggi alternativi prima dei blitz.
15 Immobile sito in Via Tor dé Schiavi n. 101 (Municipio VII)
È una delle occupazioni più “piccole”. Nel senso che, questo stabile di proprietà dell’Acea (la municipalizzata romana delle risorse idriche), ospita circa 60 persone. L’occupazione dura dal 2013 e la palazzina si trova nel popoloso quartiere periferico di Centocelle.
16 Immobile sito in Via Arrigo Cavaglieri n. 6/8 (Municipio VII)
È uno dei casi più critici. Palazzo Selam, prima dell’occupazione del 2006, apparteneva all'Università di Tor Vergata. In alcuni momenti è arrivato a ospitare addirittura 1200 persone. Oggi ci vivono circa in 800, molti sono migranti "transitanti", così viene chiamato chi per arginare il regolamento di Dublino e poter raggiungere altri paesi europei, tenta di non essere identificato. Secondo un recente dossier, nello stabile ci sarebbe un bagno alla turca ogni 19 persone e una doccia ogni 33.
Dopo la circolare in tema di sgomberi, dello scorso primo settembre, la giunta Raggi sembrava sul punto di dare una rapita accelerata nella lotta alle occupazioni abusive. Ma lo stallo, almeno per il momento, persiste.
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