
I proprietari degli immobili tenuti a pagare l’IMU sono oggetto di attenzione da parte dei Comuni, che verificano la regolarità del loro obbligo fiscale. Sono frequenti, infatti, gli accertamenti IMU, tramite i quali si controlla il pagamento della suddetta imposta da parte dei contribuenti.
Un accertamento IMU è un atto emesso dal settore entrate di un Comune, con l’obiettivo di controllare e correggere eventuali irregolarità nella comunicazione e nel versamento della suddetta imposta da parte dei cittadini.
L’emissione dell’atto può avvenire in caso di mancato o parziale pagamento, di errori o infedele denuncia.
Come si controlla l’IMU?
Prima di vedere da vicino come funzionano gli accertamenti, è utile spiegare brevemente come si controlla l’IMU. Il contribuente ha la possibilità di verificare in vari modi l’avvenuto pagamento o meno dell’imposta, anche senza necessità di muoversi da casa.
Accedendo al proprio cassetto fiscale sul sito dell’Agenzia delle Entrate si potranno consultare gli F24 utilizzati per il versamento di tasse e imposte relative agli ultimi 10 anni. Chi, invece, ha pagato l’IMU con bollettino postale, potrà reperire sul sito di Poste Italiane la ricevuta, nella sezione “Cerca operazioni online”, raggiungibile dopo aver effettuato il login.
In alternativa, si può consultare direttamente il Comune di riferimento per verificare lo stato dei pagamenti dell’IMU. Diversi Comuni tramite il loro sito web offrono la possibilità di effettuare questo controllo, ma chi non è avvezzo ai servizi online può recarsi presso l’Ufficio tributi del Municipio.
Proprio quest’ultimo ufficio è preposto al controllo dei pagamenti dell’imposta sugli immobili e dallo stesso partono gli accertamenti IMU.

Quando scatta l’accertamento IMU?
Il Comune, essendo il destinatario di questa imposta sugli immobili, ha il compito, oltre che tutto l’interesse, di verificare la posizione dei cittadini tenuti al versamento della stessa.
L’accertamento IMU altro non è che l’atto con il quale si richiede il pagamento di quanto dovuto da parte del contribuente e il Comune ha tempo per muoversi in questa direzione fino alla fine del quinto anno successivo a quello in cui andavano effettuati la dichiarazione o il versamento.
L’accertamento IMU scatta in vari casi:
- omesso pagamento: quando il contribuente non ha pagato l’imposta dovuta entro la scadenza prevista;
- dichiarazione incompleta o infedele: quando i dati forniti nella dichiarazione sono inesatti o mancanti;
- errori di calcolo: quando l’importo versato non corrisponde a quanto dovuto.
In ciascuno di questi casi, il Comune ha cura di inviare al contribuente la notifica dell’accertamento IMU che può avvenire in diversi modi. La notifica a mano prevede che il messo comunale consegni direttamente l’atto al contribuente o ad altra persona qualificata a riceverlo.
Un’alternativa è offerta dalla PEC, con l’invio quindi tramite posta elettronica certificata, mentre la notifica dell’accertamento IMU con raccomandata permette di raggiungere il destinatario tramite il noto servizio postale con ricevuta di ritorno.
Nullità avviso di accertamento IMU: in quali casi?
Quando si riceve un avviso di accertamento IMU è bene effettuare delle verifiche per appurare la validità dello stesso. Ci sono, infatti, diversi casi in cui l’avviso di accertamento IMU può essere considerato nullo e ciò accade quando non rispetta determinati requisiti formali o normativi. Ecco le principali cause di nullità:
- mancata motivazione: assenza di una chiara indicazione delle ragioni della contestazione;
- mancata sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato;
- notifica irregolare: quando il contribuente non è avvisato secondo le modalità previste dalla legge. Ad esempio, è nullo l’avviso di accertamento firmato digitalmente, ma notificato tramite servizio postale.
Prevista la nullità anche in mancanza, sulla copia cartacea notificata al contribuente, dell’apposita attestazione di conformità all’originale detenuto presso gli archivi informatici della pubblica amministrazione;
- termini decaduti: decadenza dell’accertamento IMU in caso di notifica oltre il termine dei 5 anni previsto dalla normativa attualmente in vigore.

Cosa fare in caso di accertamento IMU?
Quando si riceve un avviso di accertamento IMU, il contribuente ha la possibilità di scegliere tra due opzioni:
- pagamento delle somme dovute;
- ricorso in autotutela.
Nel primo caso, ossia quando si decide di versare quanto richiesto dal Comune, si può optare per l’acquiescenza, che consiste nella rinuncia da parte del contribuente all’impugnazione dell’avviso di pagamento.
Si otterrà così una riduzione a un terzo delle sanzioni amministrative irrogate, a patto di pagare le somme dovute entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. In alternativa all’acquiescenza si può chiedere l’accertamento con adesione, grazie al quale il contribuente può pattuire le imposte dovute, evitando una lite tributaria con il Comune.
Anche in questo caso le sanzioni saranno ridotte a 1/3 del minimo previsto per legge, mentre in caso di mancato raggiungimento di un accordo, il contribuente avrà comunque la possibilità di presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso.
Per chi, invece, vuole contestare la richiesta del Comune, perché ritiene che la stessa sia errata o perché ha già versato l’IMU, può seguire la strada del ricorso in autotutela per chiedere l’annullamento dell’avviso di accertamento.
Ciò di solito avviene in caso di errori di calcolo, catastali, di presupposto dell’imposta, di doppia imposizione o di pagamento già eseguito. Se il ricorso in autotutela non va a buon fine ed è quindi respinto, si potrà presentare ricorso presso la Commissione tributaria competente e questa opzione si può valutare anche direttamente, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto.
Cosa succede se non si paga l’accertamento IMU?
Il mancato pagamento dell’accertamento IMU comporta delle conseguenze di non poco conto, sicuramente da non trascurare.
É bene sapere che, secondo quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2020, anche gli avvisi di accertamento emessi dai Comuni a partire dall’1 gennaio 2020, diventano “titolo esecutivo” una volta trascorso il termine utile per fare ricorso.
Questo significa che se il contribuente non pagherà il proprio debito entro il suddetto termine, si passerà alla riscossione coattiva da parte di Agenzia delle Entrate-Riscossione. Sarà quest’ultima a occuparsi dell’esecuzione forzata, senza la necessità di inviare prima una cartella di pagamento.
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