Secondo il fondatore dello Studio Christian Dominici Spa la proposta di Ance per rimodulare il Superbonus è vincente
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Prosegue la bufera sul Superbonus, passato, in meno di dodici mesi, dall’essere considerato il toccasana per il settore immobiliare ed edilizio all’essere additato come il peggiore errore finanziario mai commesso da un governo. Cifre e fatti si alternano per dimostrare il danno creato da una misura che ha permesso la riqualificazione di così tanti edifici in Italia, in linea peraltro con quanto richiesto dall’Ue. L’idea del Governo è quella di arrivare ad una rimodulazione della misura che comunque non potrà restare strutturale. Cerchiamo di fare chiarezza, con l’aiuto di Christian Dominici, commercialista e fondatore dello Studio Christian Dominici Spa.

Che la misura non dovesse diventare strutturale era ovvio già alla sua nascita, e la cosa è stata solo ribadita dal governatore di Banca d’Italia Visco, che oggi punta il dito sulla gestione di una misura il cui investimento nel 2022, secondo un’analisi di febbraio di Nomisma, era stimata a circa 72 miliardi di euro ma il cui costo per le casse dello Stato oggi lo stesso istituto bolognese stima almeno al doppio (140-150 miliardi di euro).

Va detto che, sempre secondo Nomisma,

l’impatto positivo sull’economia è stato altrettanto rilevante: nel 2022 i dati Enea parlano di lavori per 65,3 miliardi di euro, con un investimento medio di 175.234 euro, e un impatto sull’economia nazionale pari a 195,2 miliardi di euro,

con un effetto diretto di 87,7 miliardi, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto.

Gli ultimi dati Enea, relativi a fine agosto, parlano di 425.351 cantieri aperti di cui solo poco più dell’80 per cento conclusi: ed è proprio quel 20 per cento di cantieri ancora aperti (e di crediti ancora sospesi) a costituire la preoccupazione del Governo. Non si vuole, infatti, lasciare a piedi chi ha investito nel Superbonus, ma d’altro canto si cerca una exit strategy da una misura giudicata ora troppo costosa.

“La Premier Giorgia Meloni ha aspramente criticato la manovra del Superbonus, soprattutto a causa delle numerose irregolarità emerse, e ha dichiarato che non verrà inserita nella Legge di Bilancio 2024. Al contrario, l’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori, ha sostenuto che il Superbonus è uno strumento utile sia per lo Stato che per i cittadini, come emerso dalle ultime rilevazioni, e meriterebbe degli interventi di correzione con il decreto Aiuti bis”, è il parere di Christian Dominici, fondatore dello Studio Christian Dominici Spa.

Come valutare l’impatto del Superbonus sull’economia italiana?

Una norma come il contributo 110% o come i vari contributi di legge per efficientamento energetico e ristrutturazione edifici è molto difficile da valutare nel suo complessivo impatto all’economica di un Paese, ma ci sono alcuni parametri di riferimento che si possono valutare. I dati di Nomisma parlano chiaro, e peraltro tra i beneficiari della misura c’è anche lo Stato: secondo i dati del Mef, nel primo semestre 2022

il Superbonus ha prodotto un extragettito fiscale nel settore delle costruzioni di 14,3 miliardi, beneficiando le casse statali di 4.219 milioni, pari al 30% dell’extragettito.

A questi dati, rileva un rapporto dell’Ance, si aggiungono 1.374,5 milioni di gettito Iva e 2.845 milioni di Irpef e Iva derivante dai maggiori consumi degli occupati negli interventi legati al Superbonus.

Quali sono stati gli effetti sul mondo del lavoro?

Secondo lo studio di Nomisma, il Superbonus ha generato un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 occupati nei settori collegati, e ha permesso di raggiungere una produzione aggiuntiva di 1 miliardo di euro in costruzioni. Bisogna considerare inoltre che l’edilizia, a differenza di molti settori hi-tech, è un settore labour intensive (cioè in cui la maggior parte dei fattori della produzione è costituita da manodopera), quindi con ricadute dirette ed immediate sul tasso di occupazione del Paese.

Il Superbonus ha aiutato anche a realizzare gli obbiettivi green dell’Europa

Senz’altro. Guardando alla sfera della sostenibilità ambientale, con il Superbonus gli edifici hanno registrato una riduzione del 50% delle emissioni di CO2 e un risparmio in bolletta tra il 30,9% (salto di 2 classi) e il 46,4% (salto di 3 classi).

Il meccanismo della cessione dei crediti risulterà quindi imprescindibile anche nel breve futuro, per far fronte alla direttiva dell’Unione europea sulle case green

(con l’obiettivo di portare tutti gli edifici minimo in classe D entro il 2033), agli impegni sulla neutralità carbonica (emissioni zero entro il 2050) e per sostenere la domanda di 10,3 milioni di famiglie eterogenee.

Che fine dovrebbe fare, allora, il Superbonus?

Il Superbonus andrebbe ritoccato, non cestinato. Alla luce dei dati e della fase economica recessiva in cui si trovano i principali Paesi europei, siamo convinti che ad oggi in Italia la recessione possa essere evitata solo con il coinvolgimento diretto degli investimenti delle famiglie, trasferendo una parte dei loro risparmi nelle imprese. Per agevolare e incentivare questo trasferimento, la ristrutturazione e l’efficientamento energetico degli edifici rappresentano la strada più efficace e facilmente percorribile. Per questo, focalizzandoci sulla misura del Superbonus, risulta molto sensata la

proposta dell’Ance di rimodulazione dello strumento: coinvolgere le famiglie nelle spese di ristrutturazione (lo Stato coprirebbe il 70%, mentre il restante 30% sarebbe a carico dei condomini)

incentiverebbe una corresponsabilità tra pubblico e privato; le famiglie avrebbero la possibilità di detrarre i costi dalla dichiarazione dei redditi, ma si eviterebbero sprechi, prezzi gonfiati ed eccessivi costi per le casse pubbliche.

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