
Pur avendo in comune lo stesso risultato, ovvero la liberazione di un immobile dalla presenza di persone che in qualche modo si sono comportate in aperta violazione di un contratto o di una legge, c’è una grande differenza tra sfratto e sgombero forzato. Ed essa attiene al tipo di relazione che intercorre tra locatore e locatario. Di seguito, andremo a delineare nello specifico qual è la differenza tra sfratto e sgombero forzato e in che modo risolvere questo tipo particolare di contenzioso, laddove se ne presentasse la necessità.
Cosa vuol dire sfratto forzato?
Lo sfratto forzato è l’ultimo atto di un iter che inizia con la richiesta di applicazione dell’articolo 658 del Codice di Procedura Civile, ovvero l’intimazione di sfratto per morosità. Partiamo dunque dall’inizio specificando che, quando si parla di sfratto ci si riferisce a una procedura esecutiva messa in atto dal proprietario di un immobile, nel caso in cui gli sia negato il pagamento del canone di locazione.
Lo sfratto può avvenire, dunque, solo in presenza di un regolare contratto di locazione, un documento che deve essere scritto e firmato da ogni parte in causa. In tal senso, dunque, in caso di mancato pagamento del canone non si può procedere alla richiesta di sfratto, se l’accordo tra proprietario e locatario è solo verbale. Il primo passo da compiere è inviare al locatario una lettera di diffida che lo obbliga a pagare i canoni non saldati. Contestualmente, si dichiara anche la data entro cui deve liberare l’immobile. Nella lettera deve essere specificato che in caso di mancato adempimento si procederà per vie giudiziali.
In caso di risposta assente da parte del locatario, lo step successivo è l’intimazione di sfratto. Il locatario, dunque, è chiamato a comparire in udienza per la convalida dello sfratto, davanti al giudice del luogo in cui si trova l’immobile locato. Nell’atto è inserita l’ingiunzione di pagamento dei canoni non versati. Il locatario può opporsi allo sfratto, iniziando un processo ordinario, oppure non opporsi e saldare il debito, usufruendo di una dilazione nel caso in cui ne faccia richiesta. O può non presentarsi: in questo caso, ci sarà una convalida dello sfratto.
Il giudice, dunque, stabilisce la data entro cui liberare l’immobile, solitamente entro un mese. Lo sfratto diventa allora esecutivo. Dal momento dell’emissione dell’ordinanza, in presenza di un inquilino che non ha intenzione di liberare l’immobile spontaneamente, si può procedere con l’azione esecutiva di rilascio.
Se alla data indicata nel provvedimento di sfratto l’inquilino non è ancora andato via, si accede alla fase esecutiva che porta alla liberazione forzata dell’immobile, ovvero lo sfratto forzato.

Il significato di sgombero
Lo sgombero è una procedura che permette al legittimo proprietario di un immobile o di un terreno, anche pubblico, di rientrarne in possesso in caso di occupazione abusiva. In questo caso, dunque, le persone destinatarie dello sgombero sono quelle che si appropriano di un bene senza avere alcun titolo per giustificare la loro azione.
Il legittimo proprietario dell’immobile, o chi ha diritto a occuparlo, può presentare una denuncia alla Procura della Repubblica così da chiedere di rientrarne in possesso, e chiedere anche l’intervento della polizia giudiziaria che, tramite sgombero, restituirà l’immobile a chi di dovere. La polizia giudiziaria può subito effettuare lo sgombero, nel caso non ci sia stato alcun accordo tra le parti che preveda l’uso o il possesso dell’immobile. Altrimenti, se tra le parti c’è stato un accordo (anche verbale) con cui il proprietario concede l’uso del bene, dovrà invece attendere la pronuncia dell’autorità competente.
Particolare severità si ha nel caso di occupazione abusiva di case popolari. Una legge del 2014, infatti, stabilisce che in mancanza di legittimazione nell’assegnazione dell’immobile, non sarà possibile stipulare alcun contratto per la fornitura di luce, gas, acqua.
In cosa differiscono quindi sfratto e sgombero forzato
La differenza tra sfratto e sgombero forzato, dunque, è nel tipo di legame che intercorre tra le parti. Lo sfratto si ha in presenza di un regolare contratto scritto e firmato da proprietario e locatario, ma disatteso da parte del locatario che non paga la quota di canone mensile stabilita. Lo sgombero, invece, si attua in presenza di un’occupazione abusiva di un bene o un terreno (anche pubblico) a cui non si ha diritto.
Come anticipato, pur avendo come risultato l’allontanamento di persone che in qualche modo hanno rotto un vincolo legale o di fiducia, queste due procedure differiscono per le premesse del rapporto che vincola proprietario e locatario.
Quando si può fare richiesta di sfratto per morosità
Il proprietario di un immobile può fare richiesta di sfratto per morosità quando, in presenza di un contratto di locazione regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate, sempre scritto e firmato da entrambe le parti, non siano state corrisposte quote del canone mensile stabilito. Fa fede il termine di 20 giorni dalla data di scadenza di pagamento indicata nel contratto. A disposizione di proprietari e agenti immobiliari c'è peraltro una banca dati di morosità immobiliare, che tutela dagli inquilini già morosi.

Cosa fare se la casa è occupata abusivamente?
Nel caso un’abitazione fosse occupata abusivamente, il legittimo proprietario dell’immobile o colui che ne ha diritto in virtù di un contratto regolarmente siglato, può presentare una denuncia-querela per occupazione abusiva al commissariato di polizia o presso la stazione dei carabinieri. Inizia così un procedimento penale che può permettergli di chiedere il risarcimento del danno in qualità di parte civile.
Ma come fare per riavere la casa? Bisogna rivolgersi a un legale, delegato ad avviare un’azione di reintegrazione, in gergo tecnico azione di spoglio, davanti al giudice civile del tribunale competente per territorio.
Il termine per agire è di un anno a partire da quando è avvenuta l’occupazione abusiva oppure dal momento in cui se ne ha conoscenza. Al legale spetta la redazione di un’istanza di ricorso finalizzata a chiedere la reintegra nel possesso dell’abitazione. E la relativa condanna degli occupanti abusivi all’immediato rilascio. A questo punto, se le circostanze lo permettono, il giudice emetterà un’ordinanza di reintegrazione. In caso di resistenza degli occupanti il giudice richiederà il supporto di polizia o carabinieri.
Lo sgombero degli abusivi non è procedura immediata, possono passare infatti settimane o addirittura mesi. Anche perché, prima del procedimento vero e proprio, la giustizia obbliga le parti a tentare un accordo conciliativo.
Nel caso l’anno dovesse trascorrere senza che si sia trovata una soluzione, il proprietario di casa o l’avente diritto, può esercitare la cosiddetta “azione di rivendicazione” (art. 948, c.c.). Anche in questa circostanza bisogna incaricare un avvocato che si occupi di redigere un atto di citazione per rivendicare, davanti al Tribunale, il diritto di proprietà sull’abitazione occupata abusivamente.
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