I servizi immobiliari e le costruzioni valgono circa il 30% dell’economia italiana, del Pil, dell’occupazione
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Il contributo del settore immobiliare all’economia in Italia e cosa è successo negli ultimi 10 anni
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Una domanda precisa al mondo della politica e delle istituzioni: quale ruolo si vuole dare al settore immobiliare in Italia? A porla Confedilizia e Aspesi in occasione della presentazione del rapporto “La ricchezza immobiliare e il suo ruolo per l’economia italiana” di Gualtiero Tamburini. Le due realtà non hanno dubbi sul fatto che, se si decide che il settore immobiliare nel suo complesso ha un valore e un’importanza, si deve riflettere su tre elementi principali registrati negli ultimi dieci anni: l’aumento della fiscalità, la riduzione degli investimenti e la diminuzione dei prezzi degli immobili.

“Sapere come stanno le cose – ha detto a idealista/news l’autore del rapporto, Gualtiero Tamburini – è importante per prendere qualunque decisione. Questo studio, in particolare, si basa su dati statistici ufficiali e sottolinea tanti aspetti poco noti. Un aspetto interessante e sul quale ragionare ad esempio è il fatto che i prezzi degli immobili in Italia in questi dieci anni sono mediamente calati, mentre in Europa sono cresciuti. O che i servizi nell’immobiliare danno un’occupazione, compresa quella indiretta, che prende il 30% dell’economia”.

Il rapporto, basandosi proprio su dati statistici ufficiali, ha analizzato lo stato della ricchezza immobiliare del Paese e come questa influisca sull’economia italiana. In particolare, lo studio ha evidenziato che, a fronte di una produzione diretta complessiva di 424,121 miliardi di euro nel 2020, le due branche Costruzioni-Immobiliare hanno generato assieme, sull’intera economia, un impatto diretto e indiretto complessivo di 708,936 miliardi di euro di produzione, ai quali si possono aggiungere altri 211,083 miliardi di euro di indotto, per un ammontare finale di produzione di 920 miliardi di euro.

Il rapporto ha quindi sottolineato che Costruzioni e Immobiliare rappresentano il 30,2% del valore di tutta la produzione italiana ai prezzi base. Non solo. Sull’occupazione le due banche pesano per il 29,7%, sul valore aggiunto per il 30% e sul Pil per il 27,09%. Lo studio ha dunque sottolineato che “il 30% è l’ordine di grandezza della dimensione delle attività immobiliari (costruzioni e servizi) nell’economia del Paese”.

Una ricchezza patrimoniale ed economica che però nel periodo 2011-2020 è drasticamente calata. Nello specifico, il rapporto ha evidenziato che la perdita, per il solo patrimonio abitativo, è di oltre 530 miliardi di euro nominali che, in moneta 2020, equivalgono a 980 miliardi di euro. La cifra sale a 1.137 miliardi di euro considerando anche gli immobili diversi dalle abitazioni.

Presentando lo studio, il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha detto: “Se non ostacolato, se non oppresso, il settore – considerando Costruzioni e Immobiliare – vale per l’economia italiana circa il 30%. Ma dal 2011 è stata registrata una perdita notevolissima. Ciò è avvenuto a causa dell’aumento della tassazione, della riduzione degli investimenti e della diminuzione dei prezzi. Quali sono dunque le soluzioni affinché l’essere virtuoso del settore venga valorizzato? Bisogna innanzitutto agire in controtendenza in riferimento alla fiscalità, bisogna poi agire sul fronte delle locazioni commerciali e bisogna tutelare i locatori, in particolare sul fronte delle occupazioni abusive degli immobili, del rientro in possesso degli immobili al termine delle locazioni e del blocco degli sfratti”. Il presidente di Confedilizia ha poi posto l’attenzione sulla riforma del catasto, ritenuta un pericolo e auspicando un attento esame da parte del Parlamento, e sulla legge di Bilancio 2022, sulla quale l’organizzazione dei proprietari di casa si è espressa con criticità per il forte ridimensionamento degli incentivi e per la quale auspica interventi migliorativi.

I numeri emersi dal rapporto sono stati commentati anche dal presidente di Aspesi, Federico Filippo Oriana, che ha sottolineato: “I dati che emergono dalla ricerca sono eclatanti. Nel nostro Paese non esiste un settore che dà così tanto come il mattone. L’idea di commissionare lo studio è scaturita dal sospetto che questo tesoro fosse stato disperso negli ultimi dieci anni e dalla ricerca è emerso che a questo settore è stato fatto del male, facendo di conseguenza del male alla nostra economia”. Anche il presidente di Aspesi ha dunque affermato che per intervenire e cambiare la situazione bisogna agire immediatamente sulla fiscalità.

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