
L’economia italiana cresce, ma meno del previsto. E il deficit si rivela più alto di quanto anticipato dalla Nadef. Lo certifica l’Istat, che, dati alla mano, imputa il tutto al trattamento contabile dei crediti di imposta, lievitati negli ultimi anni a causa del Superbonus. Nuovo materiale, quindi, su cui ragionare per chi desidera trovare una soluzione alternativa, sostenibile e a lungo termine per gli incentivi alle costruzioni. Ecco nel dettaglio cosa ha rilevato l'Istat relativamente ai dati sulla crescita e sul deficit italiano.
Deficit e Pil in peggioramento secondo Istat
Secondo quanto rilevato, nel 2022 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 1.909.154 milioni di euro, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente. In volume il Pil è cresciuto del 3,7%, meno di quanto previsto dalle stime dello scorso 31 gennaio, che prevedevano un 3,9 per cento, ma in linea con le stime Nadef.
Per quanto riguarda invece l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, misurato in rapporto al Pil, è stato pari all’8%, a fronte del 9% nel 2021. Il valore dell’indebitamento per gli anni 2020 e 2021, sottolinea Istat, è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta: in particolare nel 2020 il deficit si è attestato al 9,7% del Pil (contro il 9,5% stimato a settembre scorso) e nel 2021 al 9% (contro il 7,2% stimato a settembre).
Peggiora il deficit, cosa c’entra il Superbonus?
Il Superbonus ha pesato contabilmente nel calcolo del deficit pubblico: l’Europa aveva infatti chiesto di iscrivere i crediti di imposta relativi (che ammontano a 120 miliardi di euro) nel 2020-2022, anno in cui sono stati creati, o nel 2023. Avendo il governo scelto di imputarli al biennio del covid, il conteggio ha pesato sul peggioramento dei conti pubblici.
Tuttavia, va considerato che, come commentano da Istat, “Il rapporto tra l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche e il Pil ha registrato un miglioramento rispetto al 2021”. In valore assoluto l’indebitamento per il 2022 è di -153.447 milioni di euro, in diminuzione di circa 7,8 miliardi rispetto a quello dell’anno precedente.

I fattori di crescita del Pil in Italia
Nel 2022 a trainare la crescita del Pil (+3,7%) “è stata soprattutto la domanda nazionale al netto delle scorte (+4,6 punti percentuali), mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi”.
La spesa per consumi di beni è aumentata del 2,4% e quella per servizi dell’8,8%. In particolare sono aumentate le spese per alberghi e ristoranti (+26,3%), per ricreazione e cultura (+19,6%) e per vestiario e calzature (+14,8%). Calano le spese per alimentari e bevande non alcoliche (-3,7%), per istruzione (-1,2%) e per servizi sanitari (-0,4%).
Dal lato dell’offerta di beni e servizi, analizza Istat, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni e in molti comparti del terziario, mentre ha subito una contrazione nell’agricoltura. La crescita dell’attività produttiva si è accompagnata a una espansione dell’input di lavoro e dei redditi. In particolare, nel 2022 il valore aggiunto complessivo è aumentato in volume del 3,9%; nel 2021 aveva registrato una crescita del 6,8%. L’incremento è stato del 10,2% nelle costruzioni e del 4,8% nei servizi, mentre l’agricoltura, silvicoltura e pesca segna un calo dell’1,8% e l’industria in senso stretto dello 0,1%. Nel settore terziario aumenti particolarmente marcati si registrano per commercio, trasporti, alberghi e ristorazione (+10,4%), attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; riparazione di beni per la casa e altri servizi (+8,1%) e attività immobiliari (+4,5%). In calo solo le attività finanziarie e assicurative (-3,2%).
L’occupazione in Italia nel 2022
Nel 2022 gli occupati sono aumentati del 3,5 per cento. L’aumento è stato generalizzato a quasi tutti i macrosettori: 1,6% nell’industria in senso stretto, 7,6% nelle costruzioni e 3,9% nei servizi. Unica eccezione l’agricoltura, silvicoltura e pesca in cui l’occupazione è scesa del 2,1%. I redditi da lavoro dipendente e le retribuzioni lorde sono aumentati rispettivamente del 7,0% e del 7,4%. Le retribuzioni lorde per unità di lavoro hanno registrato un incremento dello 3,7% nel totale dell’economia; nel dettaglio, vi sono stati aumenti del 3,3% per il settore agricolo, del 3,7% per l’industria in senso stretto, del 5,2% per le costruzioni e del 3,7% nei servizi.
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