A idealista/news ha detto: "Ripensare la città è una necessità storica e il Pnrr è una grande opportunità"
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Francesco Miceli, presidente del Cnappc
Francesco Miceli, presidente del Cnappc Stefano Anzini

Ripensare la città è una necessità storica, oggi più che mai abbiamo il dovere di proporre nuovi modelli in cui portare a sintesi i criteri di sostenibilità, di inclusione sociale con la qualità degli edifici e degli spazi urbani”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (Cnappc), Francesco Miceli, a idealista/news, con cui ha parlato anche di quanto emerso nel corso del Congresso Mondiale degli Architetti che si è svolto lo scorso luglio a Copenaghen e di come sarà la casa del futuro.

Miceli ha sottolineato: “La casa sarà sempre più smart per garantire il comfort abitativo, ma allo stesso tempo, bisognerà riorganizzare gli spazi, sia per garantire le tradizionali funzioni, sia per la necessaria flessibilità connessa alle nuove funzioni abitative legate al lavoro a distanza”. Il presidente del Cnappc ha infine affermato: “Ritengo che sia arrivato il tempo di scrivere un ‘Manifesto Etico dell’Architettura’ che abbia al suo centro il progetto come processo di ricerca innovativa e come azione consapevole di responsabilità nei confronti della comunità”.

Che importanza ha avuto il Congresso Mondiale degli Architetti che si è svolto a luglio a Copenaghen?

“È stato un momento importante perché ha riaffermato il decisivo contributo che la comunità degli architetti può apportare al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dalle Nazioni Unite.

Una ulteriore assunzione di responsabilità che richiede un ripensamento sul modo in cui progettiamo, costruiamo, interveniamo nella trasformazione della città in aderenza ai principi della sostenibilità, dell’inclusione sociale e della salvaguardia degli ecosistemi.

Il Congresso mondiale dell’UIA ha tracciato - per tutti gli architetti - un percorso di cambiamento e di rinnovamento puntando l’attenzione su innovazione, ricerca e nuovi modelli preservando i valori identitari e culturali di ciascuna comunità”.

Che cosa è emerso in particolare?

“Molti sono stati gli spunti di approfondimento sul ruolo della nostra professione, credo che sia emerso principalmente lo spirito nuovo che deve caratterizzare il ruolo degli architetti sul terreno della sfida globale caratterizzata da profondi cambiamenti in atto. È emersa la consapevolezza della responsabilità sempre maggiore che caratterizza e anima il nostro lavoro poiché siamo - e lo saremo sempre di più - attori dei processi di cambiamento.

Cambiare significa scegliere ed avere consapevolezza degli effetti che si produrranno sulla vita delle comunità e ciò richiede, nella piccola come nella grande scala, azioni coerenti che necessariamente dovranno prefigurare un nuovo assetto delle città e un uso razionale e sostenibile delle risorse dei territori. In altre parole, occorre lavorare per superare gli errori del passato e creare le condizioni per un futuro migliore”.

Con un mondo che cambia, con una maggiore attenzione all’ambiente, con la tecnologia che spinge il piede sull’acceleratore, quali sono le sfide che si presentano al mondo dell’architettura?

“Sarebbe una pura illusione ritenere che i forti cambiamenti climatici, l’inquinamento e la distruzione delle risorse, la crisi energetica, le condizioni di vita nelle grandi città che accentuano le disuguaglianze sociali, possano essere affrontati soltanto con il ricorso all’innovazione tecnologica. Non è sufficiente la sola tecnologia, occorre un diverso approccio culturale con cui affrontare i nodi cruciali dell’attuale sistema basato sulla corsa forsennata verso il depauperamento delle risorse.

Vi è ormai la certezza che in assenza di profondi cambiamenti è a rischio l’equilibrio del nostro pianeta e ciò avrà effetti devastanti sulla vita delle persone. Abbiamo avuto in questi giorni una dimostrazione concreta di ciò che potrà accadere. Mi riferisco ai fenomeni climatici contrastanti che si sono registrati nel nostro Paese, sia al Nord, sia al Sud non dimenticando la recente alluvione della Romagna. Questi episodi sono soltanto una anticipazione di ciò che può accadere che potrà presentarsi con ben maggiori proporzioni, producendo enormi effetti distruttivi del territorio e di grave rischio per la sicurezza di intere popolazioni. A tutto ciò non si può restare indifferenti e tutto questo ci coinvolge sul piano delle nostre competenze e su quello etico”.

Come devono essere ripensate le città?

“Il tema del futuro delle città è da tempo al centro della nostra riflessione, a Copenaghen abbiamo realizzato un side event sulle piccole e medie città coinvolgendo esperti ed amministratori sulle esperienze in corso in alcune città europee.

In particolare, la presenza tra i relatori di Carlos Moreno, sostenitore della città dei 15 minuti, ci ha consentito di rilanciare il tema della città policentrica e dei servizi di prossimità nell’ottica di un profondo cambiamento delle strategie urbanistiche - basate sullo zoning e sull’organizzazione funzionale delle città - che hanno nel tempo aggravato le condizioni di vita nelle aree urbane.

Ripensare la città è una necessità storica, oggi più che mai abbiamo il dovere di proporre nuovi modelli in cui portare a sintesi i criteri di sostenibilità, di inclusione sociale con la qualità degli edifici e degli spazi urbani. Ridurre gli sprechi ed aumentare il benessere urbano, potremmo dire in estrema sintesi.

Il Pnrr è una grande opportunità, abbiamo considerevoli risorse da utilizzare in direzione dell’Agenda Urbana che ci consentono, mai come adesso, di avviare importanti processi integrati di rigenerazione urbana”.

E l’abitare?

“La pandemia ha generato l’esigenza di nuove tipologie abitative sempre più caratterizzate da un’alta flessibilità nella composizione degli spazi e dall’inserimento di tecnologie avanzate con una attenzione del tutto nuova all’efficienza energetica, in un’ottica di sostenibilità e di riduzione del costo dell’energia.

Il ricorso allo smart working e al lavoro ibrido ha lasciato un segno profondo nell’idea di casa. Anche qui ci sarà bisogno di rivedere i vecchi modelli abitativi.

La casa sarà sempre più una smart home per garantire il comfort abitativo, ma allo stesso tempo, bisognerà riorganizzare gli spazi, sia per garantire le tradizionali funzioni, sia per la necessaria flessibilità connessa alle nuove funzioni abitative legate al lavoro a distanza”.

Che caratteristica avranno gli edifici del futuro?

“Credo che più che una spiegazione di tipo tecnico, occorra puntualizzare che lo spazio ha una funzione educativa e la qualità dei luoghi in cui viviamo è indispensabile per tutti noi. L’atto progettuale deve sempre più avere al centro dei suoi obiettivi il miglioramento della qualità della vita delle persone, altrimenti non è tale e diviene puro tecnicismo.

Fare architettura non è riconducibile solo alla conoscenza tecnica, ma è soprattutto un’azione di tipo sociale, politica ed etica. Ecco perché ritengo che sia arrivato il tempo di scrivere un ‘Manifesto Etico dell’Architettura’ che abbia al suo centro il progetto come processo di ricerca innovativa e come azione consapevole di responsabilità nei confronti della comunità”.

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