Il confinamento forzato in casa per l’emergenza sanitaria fa ritornare di stretta attualità il tema del sovraffollamento delle case. Secondo i dati di Eurostat, in Italia la percentuale di persone che vive questo disagio abitativo supera la media europea.
Nel dettaglio, l’Eurostat definisce una famiglia che vive in una casa sovraffollata se non ha a disposizione:
- una stanza per il soggiorno;
- una camera matrimoniale;
- una camera per un componente di età pari o superiore a 18 anni;
- una camera doppia per persone dello stesso sesso di età compresa tra i 12 e i 17 anni;
- una camera per ogni singola persona di età compresa tra 12 e 17 anni e non inclusa nella categoria precedente;
- una camera per coppia di bambini di età inferiore a 12 anni.
La media italiana delle famiglie che vivono in condizione di sovraffollamento, dal 2010 al 2018, è stata costantemente più alta rispetto a quella europea (nel 2018, ultimo anno con dati disponibili per il confronto, la differenza è di oltre 10 punti percentuali: 27,8% a 17,1%). Dal 2013, il tasso di sovraffollamento italiano non è mai sceso sotto il 27% (il dato più basso è proprio quello del 2010: 24,3%).
Una tendenza, quindi, che è andata via via crescendo fino a stabilizzarsi. E ora più che mai, il peso di vivere in una casa con pochi spazi, può essere davvero pesante. Una situazione, tra l’altro, che accomuna l’Italia agli altri Paesi sopra la media europea di sovraffollamento: Lettonia (43,4%), Bulgaria (41,6%), Croazia (39,3%), Polonia (39,2%) ma anche Slovacchia, Grecia, Lituania e Ungheria.
Dall’altra parte della classifica, invece, le nazioni con il tasso di sovraffollamento più basso sono Cipro (2,5%), Irlanda (2,7%), Malta (3,4%), Olanda (4,1%) e Spagna (4,7%). Anche in questo caso, l’Italia finisce nella “metà sbagliata” della classifica, con una media di famiglie che vivono in case poco occupate (persino troppo grandi) ben al di sotto di quella europea (33%).
Secondo Eurostat, infatti, meno del 15% della popolazione viveva in abitazioni ritenute troppo grandi in Romania (7,3%), Lettonia (9,9%), Grecia (10,4%), Bulgaria (11,5%), Croazia (11,6%), Slovacchia (12,7%), Polonia (14,4%) e Italia (14,9%).
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