“Se affrontata in tempi appropriati e con gli strumenti adeguati, può e deve rappresentare un’opportunità”
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Maurizio Savoncelli, presidente CNGeGL
Maurizio Savoncelli, presidente CNGeGL CNGeGL

Il primo voto alla direttiva Energy Performance of Buildings Directive (Epbd) inserita all’interno del pacchetto “Fit For 55”, la cosiddetta direttiva europea sulle case green, e la decisione del governo di fermare la cessione del credito e lo sconto in fattura per i bonus edilizi hanno infiammato il dibattito pubblico. Tra preoccupazioni, incertezze e richieste di interventi volti a modificare quanto ad oggi disposto, si attende di capire quali saranno i prossimi sviluppi e cosa accadrà sui due fronti.

Per approfondire il tema della direttiva Ue sull’efficientamento energetico degli edifici, idealista/news ha interpellato il presidente CNGeGL, Maurizio Savoncelli, che ha spiegato: “Se affrontata in tempi appropriati e con gli strumenti adeguati, questa direttiva può e, soprattutto, deve rappresentare un’opportunità”. Aggiungendo: “Per raggiungere obiettivi così sfidanti sarà necessario ripensare completamente al sistema degli incentivi in Italia. All’indomani dell’ultimo decreto sullo stop alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura – attualmente in fase di emendamento e definizione - ci auguriamo che sia questa l’occasione giusta per avviare una vera e propria revisione di tali strumenti”.

Il 9 febbraio 2023 la Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo ha dato il primo via libera alla direttiva Energy Performance of Buildings Directive (Epbd). Qual è il vostro giudizio?

“Si tratta di un percorso collettivo ineludibile e non più rinviabile, che rientra pienamente fra le strategie globali messe in atto dai Governi europei. Oltre a una considerazione di tipo generale, è opportuno sottolineare che questo cammino nel nostro Paese deve essere comunque intrapreso, in ragione dell’obsolescenza del nostro patrimonio immobiliare, un aspetto che determina il gap di inefficienza energetica dovuto, in larga parte, alla vetustà delle infrastrutture”.

A vostro parere, questa direttiva comporta più rischi o più opportunità?

“Se affrontata in tempi appropriati e con gli strumenti adeguati, questa direttiva può e, soprattutto, deve rappresentare un’opportunità. È un passo importante verso la decarbonizzazione del patrimonio immobiliare degli Stati membri, che assegna, in particolare, uno slancio alla filiera delle costruzioni, considerata fra gli ambiti produttivi con le emissioni più climalteranti.

Non solo, questa iniziativa comporterà interventi di riqualificazione energetica, di ristrutturazione e rigenerazione urbana degli edifici per giungere complessivamente a un miglioramento della classe energetica richiesto dall’Europa e, come precisato nel corso di un mio recente intervento al workshop delle categorie tecniche a Bruxelles sul piano ‘Fit for 55%’, si tratterà di un’azione a tutto tondo sul nostro ecosistema, che potrebbe includere la sicurezza e la salubrità degli edifici congiuntamente all’efficientamento energetico degli immobili”.

Sono state evidenziate da più parti le criticità di questa direttiva, le difficoltà di procedere ai salti di classe energetica nei tempi previsti, visti i costi e vista la quantità di immobili da efficientare nel nostro Paese. Qual è la vostra opinione?

“È un percorso straordinario, di natura epocale che, in considerazione delle specifiche condizioni del patrimonio abitativo a livello nazionale, potrebbe ricorrere alle risorse comunitarie del Recovery Fund, del Fondo di Coesione e del Fondo Sociale per il clima. E per raggiungere obiettivi così sfidanti sarà necessario ripensare completamente al sistema degli incentivi in Italia.

All’indomani dell’ultimo decreto sullo stop alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura – attualmente in fase di emendamento e definizione – ci auguriamo che sia questa l’occasione giusta per avviare una vera e propria revisione di tali strumenti, affinché possano essere finalmente inquadrati quali misure strutturali con lo scopo di assegnare alla programmazione degli interventi una auspicabile stabilità, una prerogativa essenziale che, come hanno dimostrato i fatti, non può mancare in futuro”.

Questa direttiva richiede un intervento da parte delle istituzioni nazionali ed europee?

“Nel corso dei successivi passaggi istituzionali che ogni Stato membro – in relazione a quanto stabilito dalla Commissione Industria, Ricerca ed Energia – perfezionerà ora con il Parlamento, il Consiglio e la Commissione stessa, sarà importante che siano prese in considerazione le tipicità dell’Italia. Non potrà sfuggire all’attenzione dei componenti del trilogo l’unicità del nostro patrimonio artistico e culturale, insieme alla valutazione delle caratteristiche delle nostre realtà urbane, come le periferie e le aree rurali.

A questo proposito, citiamo l’edilizia sociale residenziale: ci sono interi quartieri, frazioni e agglomerati di unità abitative che hanno bisogno di contenere l’impiego delle risorse per l’efficientamento. Ed è qui che l’intervento andrebbe attuato con un termine almeno decennale. In tale ipotesi – che si pone come un’alternativa agli attuali incentivi fiscali – e prende spunto dal modello dei finanziamenti a fondo perduto, facciamo riferimento agli impegni di spesa in precedenza erogati dagli enti pubblici e adottati per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Una scelta che permetterebbe ancora oggi all’amministratore comunale di orientare nel migliore dei modi le risorse necessarie per risolvere i problemi strutturali del proprio territorio. Del resto, non possiamo ritenere che la transizione ecologica sia totalmente a carico del cittadino, senza considerare che l’efficientamento energetico debba invece assumere la debita connotazione di un’azione sociale.

Nella stessa direzione, infine, si orienta la nostra ultima considerazione: per sua natura la direttiva si dovrebbe inserire in una progettualità complessiva che esula dall’effetto generato al singolo fabbricato e si contestualizzerebbe in una ottica complessiva tale da richiamare l’interesse pubblico, giustificandone il richiamo con la specificità degli interventi”.

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