Che cos’è la destinazione d’uso di un immobile e quante tipologie di destinazione esistono? Esaminiamo questo concetto approfonditamente
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Claudia Mastrorilli
Claudia Mastrorilli (Collaboratore di idealista news)

La destinazione d'uso di un immobile è una categorizzazione che specifica la funzione e le attività consentite in un determinato spazio. Più nello specifico, si tratta di un concetto fondamentale nell'ambito normativo amministrativo che porta con sé un rilevante valore giuridico.

Infatti, violare la destinazione d'uso di un immobile significa commettere un illecito, con possibili sanzioni e implicazioni legali da non sottovalutare.

La destinazione d'uso di un immobile è dunque assegnata per indicarne la funzione, nota come destinazione d'uso edilizia per gli edifici e definita dal titolo abilitativo conformemente alle norme urbanistiche. A fronte della distinzione tra destinazione d'uso e categoria catastale, termini che spesso possono generare errori con possibili conseguenze serie, esploriamo in dettaglio il significato di questo concetto.

Cosa si intende per destinazione d’uso?

Il concetto cruciale della destinazione d'uso riveste un ruolo di primaria importanza nell'ambito del diritto amministrativo, soprattutto nelle sfere dell’edilizia e della pianificazione territoriale. Attraverso questo concetto, è possibile classificare un’unità immobiliare o un intero comparto urbanistico al fine di contestualizzarli in un gruppo o insieme più ampio.

Come categoria giuridica, la destinazione d'uso rappresenta il presupposto legale per l'utilizzo conforme e regolamentato degli immobili. L'utilizzo dello spazio di un immobile per una finalità diversa rispetto alla destinazione d'uso costituisce infatti un illecito, noto come abuso edilizio.

La destinazione d'uso urbanistica è dunque il risultato della pianificazione specifica di una zona omogenea; mentre la destinazione d'uso edilizia di un immobile specifico è definita dal titolo abilitativo, in conformità alle norme urbanistiche. Pertanto, per verificare la destinazione d'uso di un immobile, è possibile fare riferimento ad alcuni documenti (titoli abilitativi) quali il Permesso di Costruire (PdC) o la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). Inoltre, la destinazione d'uso è indicata nel Certificato di Agibilità dell'edificio e nella visura catastale storica.

Categoria catastale e destinazione d’uso

Nel linguaggio quotidiano, i proprietari spesso ricorrono alle categorie catastali per definire con sicurezza la destinazione d'uso dei loro immobili, senza considerare che queste non corrispondono in modo preciso alla destinazione d'uso dal punto di vista urbanistico. Nello specifico, le categorie catastali vengono individuate principalmente per fini fiscali, cioè per determinare imposte e tasse (IMU, TARI e così via). Tuttavia, la classificazione catastale potrebbe non coincidere con l’effettiva destinazione d'uso dell’unità immobiliare.

La disparità tra la destinazione d'uso e la categoria catastale potrebbe dunque generare situazioni di aliud pro alio nelle transazioni, ovvero circostanze in cui viene consegnato un immobile diverso da quello pattuito in sede di compravendita. Pertanto, è essenziale esaminare attentamente sia la categoria catastale che la destinazione d'uso al fine di evitare eventuali incongruenze prima di acquistare l’immobile.

Quanti tipi di destinazione d’uso esistono?

Secondo quanto specificato dal DPR 380/2001, le principali tipologie di destinazione d’uso sono le seguenti:

  • residenziale: la destinazione d’uso residenziale indica immobili ad uso abitativo di vario genere;
  • turistico ricettiva: come intuibile, questa tipologia di destinazione d’uso indica immobili dedicati all’ospitalità e accoglienza di persone, come alberghi o pensioni;
  • produttiva e direzionale: si tratta di una destinazione d’uso che può comprendere industrie e laboratori per la produzione di beni, l'artigianato di servizio non integrabile con una residenza, depositi di merci e mezzi, strutture di vendita all'ingrosso o, ancora, essere suddivisa in attività direzionali (sedute di enti e società pubblici e privati), studi professionali e strutture specializzate per servizi privati;
  • commerciale: tale destinazione d’uso è riservata agli edifici destinati alla vendita di beni e, oltre ai negozi e supermercati, possono rientrare i pubblici esercizi come bar e ristoranti, insieme all'artigianato di servizio non invasivo, come lavanderie e officine di riparazione auto;
  • rurale: ovvero la destinazione d’uso di un terreno o attività strettamente connessa alla produzione agraria e all’allevamento.

Come già accennato è possibile verificare la destinazione d’uso di un locale o immobile attraverso diverse modalità e, inoltre, seguendo una procedura specifica, è possibile effettuare il cambio della destinazione d’uso per trasformare ad esempio un magazzino in abitazione.

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Qual è la destinazione d’uso di un immobile?

La destinazione d’uso di un appartamento o altra struttura corrisponde all’attività ed alla funzione specifica per cui è utilizzato l’immobile in questione. Per capire a quale tra le principali tipologie di destinazione d’uso corrisponde il proprio immobile è necessario fare riferimento al Certificato di Agibilità o alla visura catastale storica.

Che destinazione d’uso è un ufficio?

Generalmente, gli uffici rientrano nella destinazione d’uso direzionale e spesso vengono associati alla categoria catastale A10 identificativa, per l’appunto, di studi privati e uffici.

Come cambiare destinazione d’uso: alcuni cenni

La prima fase da affrontare nel caso di un cambio di destinazione d’uso di un immobile è la verifica del Piano Regolatore del proprio Comune. Questo passo è cruciale per comprendere se è effettivamente permesso procedere con la trasformazione della funzione dell’immobile. Una volta confermata la possibilità di cambiare destinazione d'uso, la procedura da seguire varia a seconda che sia richiesta o meno la realizzazione di opere edili.

Il Piano Regolatore potrebbe infatti consentire la modifica della destinazione d'uso, ma potrebbe non autorizzare lavori edili, anche qualora questi risultino essenziali per la piena realizzazione della nuova attività. Pertanto, il cambio di destinazione d'uso può avvenire in due modalità:

  • cambio di destinazione d’uso con opere edilizie;
  • cambio di destinazione d’uso senza opere.

Per effettuare il cambio di destinazione d'uso, è essenziale consultare un professionista qualificato che possa verificare le norme vigenti nel Comune in cui si trova l'immobile, in modo da valutare la fattibilità del cambiamento richiesto. Nel caso di un condominio, è necessario coinvolgere anche l'amministratore, poiché il regolamento dell’edificio potrebbe vietare specifiche destinazioni d'uso per alcune unità (si pensi ai regolamenti condominiali di natura contrattuale).

Dopo aver confermato il rispetto dei requisiti necessari, è necessario presentare una richiesta al Comune per ottenere l'autorizzazione necessaria per procedere con l'intervento. Va notato, tuttavia, che ogni cambio di destinazione d'uso segue un percorso specifico che varia a seconda della destinazione iniziale e di quella desiderata. Ad esempio, a seconda del tipo di destinazione d'uso, potrebbero essere necessarie anche prescrizioni igienico-sanitarie specifiche.

In generale, in questi casi, è opportuno fare riferimento al Testo Unico dell'Edilizia (DPR 380/2001) per orientarsi nella normativa relativa a questi procedimenti ed effettuare le modifiche desiderate nel rispetto della legge.

Infine, se si ha la necessità di capire quanto costa il cambio di destinazione d’uso è necessario prendere in considerazione la possibilità di dover corrispondere gli oneri di urbanizzazione, le eventuali tasse per il Permesso di Costruire, le marche da bollo, le parcelle dei professionisti, le spese di segreteria e di variazione catastale e, naturalmente, il costo delle opere di ristrutturazione qualora effettuate.

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