Intervistata da idealista/news, l'eurodeputata Pd ha spiegato che "con questa direttiva dovranno essere gli Stati membri a dover impegnarsi per presentare un piano a lungo termine di efficientamento energetico degli edifici"
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Patrizia Toia, Europarlamentare del Partito Democratico e vicepresidente della Commissione Itre
Patrizia Toia, Europarlamentare del Partito Democratico e vicepresidente della Commissione Itre Patrizia Toia

Dopo l’approvazione del Parlamento europeo lo scorso 12 marzo e il via libera da parte dell’Ecofin lo scorso 12 aprile, la cosiddetta direttiva sulle case green è diventata realtà e subito si è aperto il dibattito sui costi. A porre il problema di “chi paga” è stato lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. A idealista/news Patrizia Toia, Europarlamentare del Partito Democratico e vicepresidente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia, ha spiegato: “È giusto domandarsi come fa il ministro Giorgetti ‘chi paga’, perché rendere più efficiente il patrimonio immobiliare più vecchio e inefficiente d’Europa ha sicuramente un costo. È sulla risposta a questa domanda che non siamo d’accordo”. Sottolineando: “Ora con questa direttiva, che non impone alcun obbligo e alcun costo ai singoli cittadini proprietari di case, dovranno essere gli Stati membri, anche attingendo ai tanti fondi europei disponibili, a dover impegnarsi per presentare un piano a lungo termine di efficientamento energetico degli edifici. Chi paga? Il governo, con l’aiuto dei fondi europei”.

La cosiddetta direttiva sulle case green è stata approvata in via definitiva. L’Italia ha votato contro e il ministro Giorgetti ha posto il problema di “chi paga”. Dando per assodato che il problema non è la questione ambientale, ma i costi che un tale provvedimento può generare, che peso può avere per il nostro Paese e per gli italiani questa direttiva?

“È giusto domandarsi come fa il ministro Giorgetti ‘chi paga’, perché rendere più efficiente il patrimonio immobiliare più vecchio e inefficiente d’Europa ha sicuramente un costo. È sulla risposta a questa domanda che non siamo d’accordo, perché il messaggio implicito di quanti si oppongono alla direttiva sulle case green è che basta respingere la normativa europea per essere sicuri che nessuno paghi. Purtroppo, però questo è falso.

Ad oggi a pagare sono i cittadini italiani, soprattutto quelli con meno risorse economiche, che devono svenarsi per pagare le bollette di case colabrodo costose da scaldare e da raffrescare.

Ora con questa direttiva, che non impone alcun obbligo e alcun costo ai singoli cittadini proprietari di case, dovranno essere gli Stati membri, anche attingendo ai tanti fondi europei disponibili, a dover impegnarsi per presentare un piano a lungo termine di efficientamento energetico degli edifici. Chi paga? Il governo, con l’aiuto dei fondi europei”.

Sempre in tema di costi, sono state fatte molte stime. All’indomani dell’approvazione, il Centro studi di Unimpresa ha parlato di un conto da 270 miliardi di euro per gli immobili italiani. Come affrontare una spesa di questo tipo?

“Innanzitutto, va detto che bisogna prendere con le pinze le tante stime che sono circolate in questi mesi di dibattito sulla questione. Basta vedere le enormi variazioni che presentano queste stime, in base a chi le fa, per capire che si tratta di dati alla meglio indicativi. In secondo luogo, la quasi totalità di queste stime calcolano le spese di efficientamento degli edifici, ma non tengono conto dei costi che i cittadini dovrebbero affrontare comunque per riscaldare e raffrescare le proprie case.

Se, ad esempio, si stima che ci vogliono ‘x’ migliaia di euro per migliorare le performance energetiche di un appartamento, poi bisogna togliere da questa cifra i risparmi sulle bollette in 10-20 anni di esercizio, oltre alla rivalutazione sul valore dell’immobile generata dagli interventi.

Alla fine, nella maggior parte dei casi gli interventi sono a costo zero o quasi, ma si tratta di anticipare la somma che sarebbe spesa comunque negli anni successivi, e per questo è lo Stato che si deve fare carico di mettere a disposizione dei fondi, come già fanno le società Esco (Energy Service Company) per i pannelli solari.

Infine, bisogna anche dire che ci sono diversi fondi europei a disposizione degli Stati membri, da quelli del Pnrr, di cui l’Italia è il principale beneficiario, ai fondi di coesione al fondo sociale per il clima. Nelle settimane scorse, la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, ha presentato la Coalizione Europea per i finanziamenti destinati all’efficienza energetica, che riunisce gli Stati membri, le istituzioni finanziarie e la stessa Commissione per creare un quadro di finanziamento sostenibile e a lungo termine”.

Dopo l’entrata in vigore della direttiva sulle case green il nostro Paese avrà due anni di tempo per recepirla e presentare un piano di rinnovamento degli edifici. Intanto, a fine anno molte agevolazioni per la casa giungeranno al termine. Si dovrà quindi mettere mano ai diversi bonus, cercando al contempo di salvaguardare le finanze dello Stato. Che tipo di interventi si potrebbero e dovrebbero mettere in campo?

“Il fatto che l’Italia stia già comunque rimodulando gli incentivi all’edilizia è la prova che il problema non è quello dei fondi, ma di come si spendono e della visione a lungo termine.

La direttiva sulle case green è un’ottima occasione per creare un quadro coerente degli incentivi in vista di un obiettivo concreto, quello dell’efficienza energetica, che ha ricadute positive sull’ambiente, ma anche sull’economia.

In parole povere: invece di spendere soldi pubblici per rifare le facciate degli edifici ora li spenderemo per installare caldaie efficienti che faranno risparmiare soldi ai cittadini”.

A giugno ci saranno le elezioni europee. L’esito di queste elezioni potrebbe portare a modifiche della direttiva?

“Difficile dire quanto sarà efficace questa campagna antieuropea e antiambientalista della destra. Qualcuno abboccherà, ma credo che la maggior parte dei cittadini è abituata al solito ‘al lupo al lupo’ della destra che quando si parla di Europa annuncia apocalissi un giorno sì e uno no. Del resto, i protagonisti della campagna di fake news contro il green deal sono gli stessi che fino a qualche tempo fa volevano convincere gli italiani ad abbandonare l’euro o uscire dall’Ue. Gli italiani non ci sono cascati e oggi la guerra al green deal è una specie di mantra ad uso e consumo degli euroscettici. Non ha funzionato allora e non funzionerà neanche questa volta”.

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