
Prosegue il confronto tra Governo e rappresentanti del mondo dell’edilizia e costruzioni per trovare una soluzione alle difficoltà create dal cambio di regime legato al Superbonus e alla eliminazione dell’opzione della cessione del credito. Questa decisione politica mette infatti le aziende costruttrici, che negli ultimi anni si sono moltiplicate, nella difficoltà di recuperare i crediti incagliati, creando un vero e proprio rischio di sopravvivenza. Ecco perché è necessario trovare una soluzione contingente al problema dei crediti, ma anche una visione a lungo termine per non perdere quanto di positivo è stato creato in questi anni di bonaccia dal punto di vista delle ristrutturazioni edili. A idealista/news parla il presidente di Argenta Soa, Giovanni Pelazzi, facendo il punto della situazione.
“Indubbiamente il momento è particolare,- spiega Pelazzi,- il settore edilizio aveva e ancora ha un forte sviluppo rispetto al periodo post pandemico, con un importante incremento del Pil dato dal comparto costruzioni trainato dagli incentivi statali. Superbonus e ecobonus hanno portato anche ad un aumento delle iscrizioni di imprese costruttrici , dopo un decennio che era stato molto difficile per il comparto. L’impatto positivo di queste misure è insomma innegabile. Il repentino freno posto dal decreto del 16 febbraio ha quindi creato un forte disorientamento, anche se ci si attendeva che il provvedimento avrebbe avuto termine prima o poi. Solo questo termine è stato improvviso”.
Qual è il principale problema creato dal decreto Superbonus del 16 febbraio?
Il tema principale non è tanto il blocco delle nuove iniziative - che ovviamente ci sarà, perché molta della pianificazione delle imprese si basava sulla presenza degli incentivi, - quanto la necessità di recuperare i crediti incagliati, che già si riscontrava da diversi mesi. Quindi il settore ritiene che si debbano adottare delle misure con la massima urgenza in questo senso, anche se sopo la riunione degli scorsi giorni con il governo, con la proposta di Ance di utilizzare gli F24, non si è vista ancora nessuna soluzione concreta. La preoccupazione deriva anche dalla sfiducia creata dall’interruzione del dialogo con le istituzioni, oltre che dal timore di un cambio normativo continuo, che già si è verificato negli ultimi due anni creando incertezza nel mercato.
Come reagirà il settore delle costruzioni allo stop al Superbonus?
Il settore delle costruzioni ha una sua propria solidità a prescindere dagli incentivi. Negli ultimi due anni e mezzo si è riorganizzato adattandosi alle sfide poste dalla necessità dell’efficientamento energetico e dai temi del Pnrr il che, unito ai tassi di interesse in aumento, ha portato ad un dirottamento dell’attenzione del settore dal privato al pubblico. Ci sono molte opere in attesa di essere realizzate, a partire da Milano Cortina e passando dal Giubileo, ma non solo. Il pubblico costituirà quindi una opportunità di sviluppo per il settore delle costruzioni. Certo è che, perché queste opere si realizzino, è necessario che ci sia chi le realizza: quindi è fondamentale salvaguardare l’esistenza stessa delle imprese costruttrici, il che passa necessariamente dal tema fiscale del recupero dei crediti incagliati legati al Superbonus. Risolto questo, il settore e la filiera collegata hanno ottime probabilità di restare in buona salute.
Che fine farà il Superbonus?
È indubbio che se il decreto del 16 febbraio è stato emesso con tanta fretta, c’è sotto un tema di conti pubblici importante, che crea la necessità di riformulare in futuro la misura del Superbonus in modo più sostenibile per le casse dello stato. Era anzi auspicabile che una discussione organica su questo tema fosse fatta anche prima, per garantire una transizione più graduale. Così non è stato, ma c’è comunque la disponibilità del Governo a trovare soluzioni che non impattino eccessivamente sulle imprese, nonché sulle ripercussioni sociali e ambientali, visto che la maggior parte delle ristrutturazioni finanziate dal Superbonus avevano come scopo l’efficientamento energetico.
Come si concilia lo stop al Superbonus con gli obblighi dettati dall’Ue sulle “case green”?
Per portare a termine gli obblighi che l’Ue ci impone entro il 2030 in tema di riqualificazione energetica è necessario che il know how creatosi negli anni del Superbonus non vada sprecato, e che quindi sia salvaguardata l’esistenza delle aziende che hanno lavorato in questi anni, qualificandosi all’interno del mercato. Occorre evitare di scrivere norme in modo frettoloso e immaginare invece un futuro per il nostro Paese, che ha un patrimonio immobiliare molto distante dagli standard “green” richiesti non solo dalla direttiva Ue ma anche dal Pnrr, e che quindi ha davanti a sé molto lavoro da fare. Auspichiamo che la competenza maturata dalle aziende sia mantenuta e che si crei una cabina di regia con la collaborazione delle associazioni di settore, per la realizzazione di un modello virtuoso che porti all’adeguamento dell’edilizia italiana in chiave ecologica.
Come potrebbe essere riformulato il Superbonus in maniere più sostenibile?
Senz’altro gli investimenti in edilizia non possono essere disgiunti dagli incentivi fiscali. Però occorre pensare ad una modalità sostenibile, ad esempio calibrando le agevolazioni per fasce di reddito o creando aliquote più sostenibili. Fondamentale comunque la chiarezza e i controlli sui prezzi applicati, che sono uno dei grossi problemi creati dal Superbonus come è stato finora. In questo senso, è importante che le aziende costruttrici siano riconoscibili come affidabili nel mercato, perciò sarà più importante la certificazione Soa come elemento virtuoso che attesta la qualità, l’efficienza e l’organizzazione anche e soprattutto a beneficio degli investitori, che devono essere sicuri dell’allocazione dei propri capitali. Facendo tesoro degli errori si potrà creare un incentivo davvero utile.
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