
Quando si può procedere al cambio della categoria catastale di un immobile e, soprattutto, attraverso quali modalità? Si tratta di una domanda assai diffusa, in particolare fra i proprietari che vogliono modificare destinazione d’uso di un immobile in loro possesso, dopo modifiche strutturali sullo stesso o, ancora, a seguito di frazionamenti o accorpamenti.
Come ampiamente noto, gli immobili e i fabbricati presenti sul territorio italiano sono iscritti al Catasto, dove sono suddivisi per categoria. Quest’ultima è fondamentale non solo per identificare la tipologia di immobile, ma anche per derivarne la relativa tassazione e la conseguente rendita catastale. Normalmente si può procedere alla modifica di categoria, e quindi alla variazione catastale, con l’aiuto di professionisti qualificati, come ad esempio geometri e architetti. Tuttavia, vi possono essere dei vincoli, stabiliti sia dai piani di gestione urbanistica definiti a livello comunale, che di regolamenti che vertono sull’immobile stesso. Ad esempio, la maggior parte dei condomini non permette il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari che li compongono.
Cos’è il cambio di categoria catastale
Così come accennato in apertura, il cambio di categoria catastale è una procedura che permette di modificare la classificazione di un’immobile, ad esempio a seguito di rinnovate caratteristiche strutturali, costruttive o di destinazione d’uso.

In linea generale, il catasto iscrive nei suoi registri sei categorie diverse di immobili, a loro volta suddivise in sottocategorie:
- categoria A: immobili a destinazione ordinaria residenziale, ovvero abitazioni, uffici e studi privati;
- categoria B: immobili a destinazione ordinaria speciale, cioè collegi, convitti, case di cura, carceri, scuole, biblioteche, uffici pubblici e via dicendo;
- categoria C: immobili a destinazione commerciale o terziaria, quali negozi, magazzini, laboratori, stabilimenti balneari, rimesse, autorimesse, tettoie e via dicendo;
- categoria D: immobili a destinazione speciale, tra cui alberghi, opifici, case di cura e ospedali a fine di lucro, istituti di credito, fabbricati a uso sportivo, attività agricole e altri ancora;
- categoria E: immobili a destinazione particolare, come stazioni, ponti, costruzioni, recinti chiusi, fortificazioni, fabbricati nei cimiteri, semafori e altri;
- categoria F: immobili in corso di definizione, come aree urbane in corso di costruzione, lastrici solari, unità immobiliari fatiscenti e via dicendo.
Sebbene non sempre sia possibile, in molti casi si può procedere al cambio della categoria catastale. Ciò è più probabile quando la variazione catastale riguarda immobili a destinazione residenziale (categoria A) e immobili a uso residenziale (categoria C), ad esempio quando si vuole trasformare un vecchio negozio in un appartamento abitabile.
Quando si cambia la categoria catastale?
Il cambio di categoria catastale si rende necessario - e spesso obbligatorio, infatti il mancato aggiornamento al catasto può comportare anche delle sanzioni parecchio gravose - in diverse situazioni. In particolare:
- quando viene modificata la destinazione d’uso dell’immobile, ad esempio quando si converte un negozio in abitazione;
- quando, a seguito di lavori di ristrutturazione, viene modificata la tipologia dell’immobile, ad esempio aumentandone il pregio;
- quando gli immobili vengono accorpati o frazionati, modificandone così la planimetria;
- quando è necessario correggere degli errori di categorizzazione a livello catastale.
In genere, è necessario procedere al cambio della categoria catastale entro 30 giorni dal termine dei lavori di ristrutturazione o dalla modifica effettiva della destinazione d’uso dell’immobile. Come già accennato, il mancato aggiornamento della categoria catastale comporta delle sanzioni: senza la comunicazione della variazione, infatti, non è possibile procedere all’applicazione della corretta tassazione e delle relative agevolazioni IRPEF, così come all calcolo esatto della rendita catastale. In caso di ravvedimento operoso, si dovrà perciò corrispondere:
- circa 103 per i ritardi inferiori a 90 giorni;
- 129 euro per ritardi tra 90 giorni e 12 mesi;
- circa 147 euro per i ritardi superiori all’anno;
- 172 euro per i ritardi superiori ai due anni;
- la sanzione massima prevista dall’ordinamento per ritardi superiori ai 20 anni.
I cambi catastali più comuni
Come accennato nel precedente paragrafo, di norma i cambi di categoria catastale riguardano soprattutto immobili a uso residenziale o, ancora, commerciale. Più raramente, invece, riguardano altri gruppi. Ma quali sono le categorie catastali più comunemente soggette a modifica? In linea generale:
- il cambio di categoria catastale da A1 ad A2, ovvero da abitazioni di tipo signorile situate in zone di pregio ad abitazioni di tipo civile, di tipo medio sul mercato residenziale;
- il cambio di categoria catastale da A3 ad A2, cioè da abitazioni di tipo economico ad immobili di tipo civile, di medio valore di mercato;
- il cambio di categoria catastale da A4 ad A3, ovvero da abitazioni di tipo popolare e con costruzioni di livello modesto, ad immobili di tipo civile;
- il cambio di categoria catastale da C1 a C6, quindi da locali commerciali come botteghe e negozi a stalle, scuderie, rimesse o posti auto.
Come appare evidente, nella maggior parte dei casi il cambio di categoria si rende necessario a seguito di interventi di ristrutturazione - ad esempio, l’immobile di costruzione modesta che, a seguito di lavori, migliora il suo valore di mercato - o per cambio di destinazione d’uso. È molto frequente, ad esempio, che contestualmente alla cessazione di un’attività commerciale i locali un tempo destinati a negozi e laboratori vengano impiegati in altro modo.
Come si fa a cambiare la categoria catastale
Come facile intuire, è necessario seguire una precisa procedura per poter materialmente eseguire il cambio di categoria catastale. Per farlo, bisognerà non solo produrre la documentazione necessaria, ma anche affidarsi a professionisti qualificati.

Innanzitutto, prima di procedere, è indispensabile recuperare parte della documentazione relativa all’immobile, in particolare:
- la visura catastale dell’immobile;
- la planimetria dello stesso;
- il titolo autorizzativo in caso di cambio di destinazione d’uso, come ad esempio la SCIA, ovvero la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, o il permesso di costruire. Entrambi si ottengono presso il Comune.
A questo punto, è necessario:
- farsi assistere da personale qualificato - come geometra, architetto o ingegnere - che può materialmente procedere al cambio di categoria catastale;
- presentare la Dichiarazione Originaria e Variazione (DOCFA - Documento Catasto e Fabbricati) all’Agenzia delle Entrate;
- presentare la planimetria catastale aggiornata.
In presenza di un cambio di categoria catastale senza opere, ad esempio una semplice ristrutturazione che non ha modificato la destinazione d’uso o il volume dell’immobile, il proprietario dello stesso può procedere anche in autonomia, procedendo a presentare l’apposita SCIA in comune
Quanto tempo ci vuole per il cambio di categoria catastale
Per cambiare la categoria catastale dell’immobile, le tempistiche possono essere decisamente variabili a seconda delle proprie necessità. In media, bisognerà attendere:
- circa due settimane per la valutazione della compatibilità di modifica della destinazione d’uso, a cui possono seguire dai due ai sei mesi per l’effettivo adeguamento;
- da uno a tre mesi se è necessario ottenere un titolo autorizzativo, in base alla complessità del progetto;
- circa un mese per la presentazione della Segnalazione Certificata al Comune al termine dei lavori, per la verifica della conformità dell’immobile;
- circa una settimana per l’effettiva variazione catastale dopo la comunicazione all'Agenzia delle Entrate.
Quanto costa il cambio di categoria catastale?
Ma quanto costa il cambio di categoria catastale? In linea generale, la semplice variazione al catasto richiede una spesa di circa 50 euro in diritti di segreteria, variabile anche in relazione alla zona di residenza. A questo costo, però, ne vanno aggiunti altri:
- la parcella del tecnico, che può differire sia a seconda delle zone d’Italia che dai compiti materialmente eseguiti;
- gli eventuali costi aggiuntivi in Comune per l’ottenimento del titolo autorizzativo o per altre necessità.
Queste cifre, naturalmente, si andranno ad aggiungere all’investimento che si renderà necessario per adeguare l’immobile - ad esempio, tramite ristrutturazione - alla categoria catastale desiderata.
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