
La Cassazione è di recente intervenuta in tema di aumento della rendita catastale dopo la ristrutturazione. In questo caso, se il proprietario non è d’accordo con il ricalcolo dell’Agenzia delle Entrate, cosa accade? È possibile portare delle prove per opporsi alla riclassificazione e dimostrare che non c’è stato alcun aumento della rendita catastale o che la variazione è stata inferiore rispetto a quanto contestato. Ma vediamo, nel dettaglio, quanto precisato.
Con l’ordinanza 29732/2024, la Cassazione ha esaminato il caso di un proprietario di un immobile che ha realizzato un intervento di ampliamento e ristrutturazione e che una volta terminati i lavori ha presentato la denuncia di aumento della rendita catastale con procedura Docfa. In seguito alla presentazione di tale denuncia, però, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto una modifica, “sostenendo che l’aumento della rendita catastale dopo la ristrutturazione fosse maggiore rispetto a quello dichiarato dal proprietario”.
Nello specifico, come spiegato da Edil portale che ha trattato il tema, l’Agenzia delle Entrate “aveva rilevato la presenza di una piscina, mentre il proprietario sosteneva che si trattasse di una vasca di raccolta dell’acqua”. Il proprietario ha quindi presentato ricorso.
Variazione della rendita catastale dopo la ristrutturazione, gli oneri probatori
In Cassazione, è stato innanzitutto spiegato che “l’onere di dimostrare l’aumento della rendita catastale dopo la ristrutturazione spetta all’Agenzia delle Entrate, soprattutto nel caso in cui il contribuente ha utilizzato la procedura Docfa”. Al contribuente spetta però “dimostrare l’infondatezza della pretesa, avvalendosi di criteri di confronto con altre unità immobiliari della medesima zona censuaria”.
Tenuto conto di queste indicazioni, nel caso in esame, “il contribuente non ha prodotto prove fotografiche o documentali per dimostrare che la piscina fosse in realtà una vasca di raccolta delle acque”. Di conseguenza, i giudici hanno considerato “legittime le conclusioni dell’Agenzia e respinto il ricorso del proprietario”.
La Cassazione, con l’ordinanza 29732/2024, ha dunque spiegato che se la dichiarazione di variazione Docfa presentata dal contribuente viene rettificata dall’Agenzia delle Entrate, per contrastare la verifica spetta al contribuente l’onere probatorio allegando la prova contraria, con documentazione tecnica e fotografica.
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