A casa di uno degli architetti più noti a livello internazionale. "Ammiro molto Herzog & de Meuron"
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Si arriva nella casa dell’architetto Cino Zucchi, uno dei grandi
protagonisti dell’architettura contemporanea, tagliando per il centro di
Milano, una manciata di minuti a piedi dal Duomo. Non ama che lo definiscano "archistar", anche se si tratta di una delle firme italiane più note a livello
internazionale. Autore di architetture sempre innovative come il nuovo
centro direzionale Nuvola Lavazza a Torino o la sede dell’azienda di
attrezzatura e abbigliamento outdoor Salewa a Bolzano, Cino Zucchi
non ama ripetersi mai nel suo lavoro. Ed in questa intervista ci parla
della sua casa e della sua visione.

A casa dell'architetto Cino Zucchi
idealista

Ci sono molti progetti famosi che ha realizzato nella sua carriera.
Saprebbe indicarmene uno che le è più caro degli altri?

Ho 4 figli, non ho un figlio preferito ma un rapporto diverso con ognuno
di loro. Così succede coi progetti: un progetto è molto stimolante proprio
nel momento in cui viene fatto e dopo si salta al progetto successivo.
Molto spesso gli architetti dicono che il progetto più interessante è quello
"che sto facendo adesso": può darsi che sia vero. Ogni progetto ha un
suo carattere in rapporto anche ad un luogo fisico, perché mentre un
oggetto di design ha un carattere in sé, l'architettura è piantata per terra:
questa è la cosa che differenzia di più l'architettura dal design. E quindi il
suo significato non è solo in sé, ma anche nell'interferenza con un luogo.

È quasi non interpretabile, se non secondo quel luogo. Tanti anni fa,
abbiamo fatto un progetto molto particolare, perché era la riforma di
un'area industriale alla Junghans di Venezia: per un architetto operare a
Venezia è come uscire con Nicole Kidman. Però ne siamo venuti fuori
bene ed è diventato addirittura un progetto di cui si è parlato all'estero
come una certa rinascita della cultura italiana di quegli anni, che erano il
‘95-2000.

A casa dell'architetto Cino Zucchi
idealista

I giovani architetti italiani valgono quanto le generazioni
precedenti?

Trovo che ci sia una classe di giovani architetti molto bravi che
dialogano direttamente con una realtà europea o mondiale. Anzi, c'è un
pò di fuga dei cervelli, perché l'Italia non sempre li ha valorizzati: ora si è
tornati a ragionare sul tema dell’urbanità e mi sembra che la tradizione
italiana, unita a questa freschezza dei giovani, stia dando di nuovo
lezioni al mondo intero.

A casa dell'architetto Cino Zucchi
idealista

Parliamo invece della sua casa: in quali dettagli è la sua firma?

Io ho avuto la fortuna di trovare la casa già fatta: è un'architettura dei
fratelli Latis, architetti molto bravi del primo dopoguerra milanese.
Questo è un edificio moderno che si trova però in un contesto storico
molto importante, vicino a Sant'Ambrogio, ed è quindi un esempio di
innesto di architettura moderna in un contesto storico. Qualche giorno fa
ho conosciuto per caso ad una cena la figlia di questi architetti e le ho
detto "ringrazi suo papà su nel cielo" che ha fatto bene queste
finestre alte 50 centimetri da terra, per cui io quando sono seduto guardo
fuori il paesaggio e c'è un'ottima qualità dell'illuminazione del sole.

Per cui non abbiamo dovuto fare niente. Io credo che la domesticità sia fatta
anche di oggetti che si accumulano in maniera talvolta seriale - souvenir
di viaggio, gusti e disgusti - per cui non ho lasciato un segno. Anche mia
moglie è architetto, ed abbiamo rifatto la cucina tutta in cardoso blu, una
pietra abbastanza particolare, ed è da 33 anni che ci serve bene.

A casa dell'architetto Cino Zucchi
idealista

C’è un angolo che considera tutto suo?

Non penso che si possa resistere all’assalto di una moglie e quattro figli.
A me piace molto dormire sul divano, ma dobbiamo tutti correre dopo
cena perché “chi prima arriva bene alloggia”.

Diceva che anche moglie è architetto. Si parla di progetti in cucina,
tra colleghi?

Abbiamo scritto insieme un libro su Asnago Vender, che sono degli
architetti diventati famosissimi all'estero oggi. Professionalmente lei fa cose di scala più piccola, fa appartamenti molto bene. E ogni tanto mi chiede un pò di consigli ed io ne chiedo a lei relativamente al mio lavoro: per cui non lavoriamo insieme, ma stimiamo molto il giudizio reciproco. Ci usiamo come
producer più che come session man.

A casa dell'architetto Cino Zucchi
idealista

C’è un protagonista dell’architettura contemporanea che ammira in
maniera particolare?

Credo che esistano due tipi di artisti in generale egualmente bravi, quelli
che approfondiscono sempre un proprio tema come motivo ricorrente,
per cui sono spesso molto riconoscibili nei loro lavori, e quelli invece
che in ogni lavoro nuovo pur avendo un'interpretazione propria reinventano
il linguaggio in base all'opera: io mi sento più vicino a questi artisti.
Nell'architettura oggi ammiro molto Herzog & de Meuron: mi
sorprendono sempre per la capacità di reinventare ogni volta. Hanno fatto stadi
in Cina e musei di arte antica, talvolta fanno capanne altre volte fanno oggetti
molto forti. Non so se sia camaleontismo, direi più un situazionismo artistico. A me piace molto perché invece altri quando trovano la loro firma continuano a ripeterla e diventano quasi
imitabili, o comunque noiosi.

È corretto dire che sia solo l’ispirazione a guidare la capacità di
rinnovarsi ed esplorare nuove forme?

Oggi l'architettura non è facilissima perché, innanzitutto, è sottoposta a
norme molto severe
. Che sono giuste in sé ma sono spesso difficili da
combinare con il volere di un soprintendente o di un cliente, per cui è
come un cubo di Rubik, dove ogni volta se si lascia un quadratino giallo
fuori posto diventa difficile mettere a posto e bisogna rigirare tutto.

È vero che c'è bisogno dell’idea iniziale, e che talvolta questa idea viene
da campi inaspettati, però il test di come questa idea possa essere
valida a generare un vero progetto è una cosa complessa e si
confronta anche con tutti questi limiti che l'architettura ha - perché
l'architettura pesa, costa tanti soldi e deve rispondere ad una società - per
cui le direi che è meno artistica di quel che pensiamo.

Lei parla spesso di durabilità, come intende questo termine in relazione
all’architettura?

Oggi il tema ambientale è forse il più importante del millennio.
Qualche giorno fa ero ad un convegno di immobiliaristi: veniva
sbandierata l'ecologia dei loro edifici, ma sentivo parlare anche di un
edificio costruito quindici anni fa, demolito e poi ricostruito per un nuovo
cliente, come cosa del tutto naturale. In fondo, la città di Haussmann a
Parigi o certi centri storici italiani hanno tenuto nel tempo molto di più:
l'energia spesa per realizzare un edificio deve essere invece
ammortizzata in un tempo medio lungo. Per cui, oltre i temi di energia
alternativa o risparmio energetico, secondo me la durabilità è uno degli
elementi fondamentali per pensare una città ecologica oggi.

Sta lavorando ad un progetto particolare in questo periodo?

Abbiamo avuto la fortuna di vincere il progetto per la riforma della
Cavallerizza Reale a Torino
, che un luogo incredibile, vicino a Palazzo
Madama ed al Teatro Regio. A noi piace molto lavorare sui progetti
difficili, in inglese dicono "a smooth sea never made a good
sailor",
cioè un mare piatto non ha mai fatto dei bravi marinai, per cui io
trovo che più i progetti sono difficili, più diventano belli. E siamo
molto orgogliosi di questo progetto.

 

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