Il partner & director di Stefano Boeri Interiors: "Non vorrei mai smettere di far girare la ruota della ricerca"
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L’architetto Giorgio Donà è partner & director di Stefano Boeri Interiors. Ma soprattutto è un giovane professionista che ama profondamente il suo mestiere e quel "creare connessioni tra discipline, culture e conoscenze diverse" per trovare soluzioni e storie sempre nuove. Un punto di vista molto dinamico sulla professione, di cui abbiamo parlato insieme nella sua abitazione.   

Si può dire che, almeno nell'architettura, l'Italia sia un Paese che offre opportunità anche ai giovani?

L’Italia è un Paese che crea opportunità. Nel mio caso è stata l’intraprendenza ed il fatto di aver ben chiaro l’obiettivo che mi ero posto a spingermi a cogliere al meglio le occasioni che mi si sono prospettate. Abbiamo molto in Italia, è come se fosse un grande archivio da cui poter attingere e che tutti ci riconoscono. Le opportunità in questo settore, in cui si lavora molto con l’immaginazione, arrivano se ci si mette impegno e soprattutto curiosità.   

Nella casa dell'architetto
idealista/news

A suo giudizio in che modo il Covid ha avuto un impatto sul nostro modo di abitare? 

Il Covid ha dato una forte accelerata ad un processo che però era già in atto. Ci ha permesso di riscoprire alcuni punti di soglia tra la sfera privata e la sfera pubblica che a volte sono tangibili e a volte - se pensiamo per esempio alle call o al lavoro da remoto - intangibili. In altre parole, abbiamo aperto le nostre abitazioni al mondo e questo ci ha fatto capire che forse c’era un modo differente di vivere alcuni spazi. 

Grazie per averci ospitati nella sua casa, oggi. Me ne parli un pò…

La casa dove vi ospito spero trasmetta sincerità. Per me qualsiasi spazio deve rappresentare lo spirito di chi lo abita ed anche gli oggetti ed i ricordi che ci ruotano intorno devono esserne espressione. A me piace pensare alla mia casa come ad un laboratorio, dove sposto oggetti e quadri, mixo colori. La casa per me è questo: una collezione di oggetti, arredi, ricordi, passioni. Per me casa mia è una continua ricerca.

Nella casa dell'architetto
idealista/news

Avrà un angolo preferito, immagino 

L’angolino che mi piace utilizzare, senza pensarci troppo, è quello da dove vi parlo (in salotto, ndr). Volutamente ho posizionato il divano - o comunque lo spazio del relax -  in un punto abbastanza angolare, da dove posso vedere casa e fuori. Un punto dove posso fare la sintesi della giornata e farmi accompagnare da quello che mi circonda per immaginare la giornata di domani. 

Lei è già un architetto di fama benché sia molto giovane. Ha sempre voluto fare questo mestiere?

Sì, ho sempre voluto fare questo mestiere. L’ho capito quando ero attratto da due elementi che poi ho visto essere parte integrante di questo lavoro: immaginare cose, spazi. E poi la voglia di giocare con la materia. Ho voluto tradurre insomma immaginazione e materia in un mestiere, quello dell’architetto. 

Nella casa dell'architetto
idealista/news

Domanda ineludibile per un professionista del suo ambito. C’è un pezzo che non dovrebbe mai mancare in casa?

In casa non dovrebbe mai mancare la convivialità. In altre parole a fare la parte del leone è il tavolo, che immagino come una grande piazza con delle sedie intorno: è un posto attorno al quale si muovono i flussi della nostra quotidianità. Ci si mangia, ci si lavora, ci si studia, lo si usa per appoggiarci la spesa, spesso per conversare: insomma gran parte delle nostre relazioni domestiche ruotano attorno a questo oggetto che è centrale, importantissimo, e che va contornato da oggetti capaci di trasmettere le stesse sensazioni.  

Cosa la appassiona del suo lavoro? 

Amo pensare allo studio come entità multidisciplinare. Creare connessioni tra discipline, culture, conoscenze diversificate, ci permette di trovare soluzioni e storie sempre nuove che diventano poi elementi di arredo. Mi viene in mente uno degli ultimi progetti: il tavolo Chiglia esprime la capacità di un'azienda come Marmo Arredo di trasformare la materia, trasmettendo leggerezza e purezza nelle sue forme. O progetti di installazioni come Swing, all'ultimo fuorisalone per Amazon, o la Floating Forest realizzata lo scorso anno per Timberland. Immaginare edifici, immaginare spazi, immaginare anche oggetti significa andare a scoprire in discipline, a volte apparentemente distanti, una soluzione anche creativa ad un problema, non solo tecnica. Quello che più mi piace del mio lavoro è proprio questo: il fatto di poter continuamente far girare la ruota della ricerca. Conoscere, crescere: credo che quello che vorrò è non finire mai di crescere. 

Nella casa dell'architetto
idealista/news

 

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