idealista incontra uno degli architetti italiani più conosciuti a livello globale. "Il progetto che amo di più? Il prossimo"
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Quando arriviamo nel suo studio (un palazzo rinascimentale nel cuore di Roma, la cui configurazione attuale risale alla seconda metà dell'Ottocento), l’architetto Massimiliano Fuksas, una delle firme italiane più riconosciute a livello globale, ci aspetta in una bella sala che affaccia su una piazzetta carica di storia. Un campanile, ogni tanto, scandisce l'ora con pesanti rintocchi.  Con Fuksas ripercorriamo gli inizi della sua carriera, i suoi successi, per cogliere poi il senso di questo mestiere, che è "inaspettato" ed intriso di voglia di conoscere e di amore per il cambiamento. Ma guai a chiamarlo Archistar. 

Se cammina per strada tutti la riconoscono, tutti sanno che è una Archistar. Che effetto le fa il successo?

Cercare il successo è una cosa tipica di questi anni in cui c’è poco talento. E devo anche dire che odio la parola Archistar.

Lo sa che l’ha coniata un giornalista? La realtà è che sono espressioni inventate da un mondo che a me non piace.

Bolle Nardini, progetto Fuksas
Auditorium Nardini - Bassano del Grappa idealista/news

Come mai? 

Mio padre è mancato quando avevo 6 anni, perciò sono stato da subito aperto ai rapporti con il mondo. Sono stato portato da mia mamma e mia nonna in Austria, nella Stiria, e solo un paio di anni dopo sono rientrato a Roma, dove ho frequentato la quarta e la quinta elementare alla scuola Francesco Crispi, con il maestro Giorgio Caproni: un uomo di una enorme capacità di esprimere poesia ma anche uno degli uomini più poveri di Roma, a quel tempo.

Erano gli anni del dopoguerra. Tramite lui ho conosciuto Ungaretti. Poi De Chirico.

Al liceo come professore di italiano ho avuto Asor Rosa, che a quel tempo era anche assistente di Sapegno. Queste persone erano il mio riferimento, almeno all’epoca. 

La "Nuvola" di Fuksas
Nuovo Centro Cogressi - Roma (Nuvola di Fuksas) Fuksas

È vero che non avrebbe voluto fare l’architetto?

A 17 anni già vivevo da solo, perché facevo il pittore. Avevo affittato uno studio al Ghetto, a Roma, al Portico d’Ottavia. Io volevo fare il pittore. Conseguita la maturità classica sono andato da mia madre, professoressa di filosofia, e lei mi ha detto: "Adesso cosa fai?". Ed io: "continuerò a fare il pittore, l’artista". Mia madre mi ha risposto: "Vedo già l’ombra del fallimento dietro le tue spalle".
Effettivamente quell’ombra c’era. Pensai allora di studiare filosofia: solo dopo, in modo del tutto casuale, mi è passato per la testa di iscrivermi ad architettura. 

Per fortuna, si direbbe

Fu una cosa pericolosissima. Fui il peggior studente che si potesse immaginare perché non capivo niente di architettura e facevo solo tanti esami.

Gli altri studenti mi guardavano anche con un certo snobismo, devo dire. Poi, una volta finito, viaggiando molto in autostop, sono capitato a Londra, dove ho finito per lavorare in un pub. E qui ho conosciuto un ragazzo che mi ha detto che lì vicino c’era uno studio di architettura molto interessante. Andai a visitarlo. Modelli, schizzi, disegni: mi piacque moltissimo, tanto che chiesi se dopo il pub avessi potuto lavorare lì, gratuitamente. Così iniziò la mia carriera. 

Europark 2 a Salisburgo
Shopping Mall and Theatre - Salisburgo Fuksas

Dopo tanti anni di carriera ed infiniti riconoscimenti ha un progetto a cui è emotivamente più vicino?

Il prossimo. E sa perché? Io ho sempre avuto paura della nostalgia. Mi piace chi va avanti senza rendersi troppo conto di quello che è stato il passato, perché avere nostalgia vuol dire aver vissuto un periodo interessante della vita ma poi tutto il resto è stato un disastro. 

Architetto esiste ancora la committenza illuminata, oggi? Mi riferisco per esempio a Shimon Peres che l’ha chiamata per realizzare il Centro della Pace a Giaffa.

Shimon Peres mi chiamò di sera, in studio. Ho avuto parecchi committenti così.

Ma un edificio che amo molto è il Centro Ricerche della Ferrari che abbiamo realizzato con Doriana (la moglie, ndr) a Maranello, vicino Modena.

E non è il solo. Un giorno per esempio succede questo: mi chiamano di sera, io ero ancora in studio. "Ho una azienda di grappa- mi spiega l’interlocutore al telefono -la grappa Nardini. Io sono il signor Nardini. Vorrei un progetto fatto da lei".

Il giorno dopo ci siamo incontrati e gli ho detto: "possiamo fare due bolle ellissoidali e trasparenti, così le persone che ci entrano guardano gli alberi all’esterno". Ho pensato ad un bacino d’acqua nella parte sottostante, poi ad un ascensore obliquo e, giù, un piccolo teatro dove ogni anno a luglio fanno il festival del balletto contemporaneo. L’architettura, vede, può sempre avere un futuro inaspettato: può essere qualunque cosa, può avere qualunque funzione. 

Centro Ricerca Ferrari - Maranello
Aeroporto di Shenzhen Fuksas

Come rientra il tema della sostenibilità nei suoi progetti?

Il problema della sostenibilità non è legato all’architettura, ma al mondo contemporaneo e purtroppo noi non possiamo mettere una goccia nel mare cercando di far cambiare il senso della corrente.

Io sono molto attento a questo tema. Per esempio la “Nuvola”, quella che chiamano la “Nuvola di Fuksas”, è pensata per fare alcune cose: il tetto ha il fotovoltaico. In più, il vicino laghetto dell'Eur ha un sistema di scambiamento termico con un sistema idraulico ed impiantistico per riscaldare e raffreddare. Questo è per ridurre l’impatto energetico.

Quando ha avuto l’idea della “Nuvola”?

Nel 1998, a quel tempo non ero interessato ai frattali, ero interessato a tutto il mondo del caos ed alla teoria del caos.

I suoi studi sono avanzati e pensati anche in un’ottica 4.0. Cosa pensa di questa innovazione in un Paese come il nostro, invece piuttosto indietro da questo punto di vista?

La verità è che io mi annoio facilmente, e non potevo sopportare che lo studio invecchiasse usando ancora la carta. Ho sempre deciso di rimettere tutto in discussione e  l’innovazione è stata sempre un segno preponderante: noi stampiamo da dieci anni i progetti (in 3D, ndr). Mi annoia  vedere l’edificio che invecchia su di te. Vede, l’’invecchiamento è molto brutto, sull'uomo come sulle cose.

Sono stato a Salisburgo, pochi giorni fa, ed ho visto un edificio che ho costruito 30 anni fa e che è ancora perfettamente nuovo (Europark 2, ndr). Loro lo sentono vivo. E' un grande Shopping Center da 250mila metri quadrati, e continuano a chiamarmi ogni volta che devono fare un ampliamento: sono 30 anni che mi chiamano, ormai sono amici. Lo vedo sempre tenuto bene, nuovo, fresco. Perché era nato pensando al dopo:

l’innovazione non si mette in una clausola. Sei tu che devi amare il cambiamento. Se non lo ami non c’è innovazione.

La Nuvola di Fuksas
Nuovo Centro Cogressi - Roma (Nuvola di Fuksas) Fuksas

Come si creano volumi e spazi in un’epoca segnata -a tutti i livelli- dai trend?

Il progetto dell’aeroporto di Shenzhen, che ero stato invitato a presentare insieme ad altri 60 architetti, inizialmente fu scartato. Poi qualcuno lo ha giudicato interessante ed è stato recuperato due o tre volte, fino a quando ha conquistato molte persone che lo hanno scelto. Voglio dire che l’idea è importante, ma poi ci vuole anche un po' di fortuna.

Cosa pensa dell’intelligenza artificiale? 

Interessante. Ma si basa su dati già consacrati e conosciuti. Con l’AI non ci sarebbero mai state “Les Demoiselles d'Avignon” di Picasso. E non si sarebbe mai conosciuta la prospettiva di Brunelleschi, perché non c’era prima.  

Tecnologia a parte, le capita ancora di disegnare a mano?

Disegnare a mano non è certo proibito (ride, e davanti a sé ha una serie di schizzi, ndr)


 

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