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Dopo gli incrementi significativi registrati nel biennio 2020-2021, il lavoro domestico in Italia sembra aver raggiunto una fase di stabilità, coinvolgendo oltre 3,3 milioni di persone. È quanto emerge dal sesto Rapporto annuale sul lavoro domestico dell’Osservatorio DOMINA, presentato di recente in Senato. Il rapporto analizza i dati del settore, ne sottolinea la crescente importanza e pone l’accento sulla necessità di maggiori politiche di sostegno per le famiglie italiane.

Le irregolarità nel settore

Nonostante una lieve riduzione negli ultimi anni, grazie alle campagne di sensibilizzazione delle istituzioni e delle parti sociali, il lavoro domestico rimane uno dei settori con il più alto tasso di irregolarità. Secondo i dati ISTAT aggiornati a settembre 2024, nel 2022 la media nazionale del lavoro irregolare si attestava al 9,7%, ma nel caso del lavoro domestico questa percentuale schizza al 47,1%. A fronte di 1,7 milioni di persone censite dall’INPS come lavoratori o datori regolari, l’applicazione del tasso di irregolarità fa salire il totale a oltre 3,3 milioni di soggetti coinvolti.

Chi sono i lavoratori domestici?

Nel 2023, i lavoratori domestici regolarmente assunti dalle famiglie italiane sono stati 834 mila. Il settore si conferma prevalentemente femminile (88,6%) e con una forte componente straniera (69%). La maggior parte proviene dall’Est Europa (35,7%), seguita dagli italiani (31,1%). In crescita i lavoratori provenienti da Georgia, Perù ed El Salvador, mentre calano quelli originari di Romania, Moldavia e Bangladesh.

Famiglie datori di lavoro in diminuzione

Nel 2023 i datori di lavoro domestico sono stati 917.929, con una riduzione di 60 mila unità rispetto al 2022 (-6,1%). Questo calo riflette un ritorno alla normalità dopo i picchi registrati durante la pandemia. Lombardia e Lazio rimangono le regioni con il maggior numero di famiglie datoriali. Tra queste, il 58% è rappresentato da donne, mentre i datori stranieri costituiscono solo il 5%.

L’impatto economico del lavoro domestico

Le famiglie italiane investono complessivamente 13 miliardi di euro nel lavoro domestico, di cui 7,6 miliardi per i regolari e 5,4 miliardi per gli irregolari. Questi investimenti generano un risparmio di circa 6 miliardi di euro per lo Stato, che altrimenti dovrebbe sostenere i costi del ricovero in strutture per gli anziani accuditi a domicilio. Inoltre, la spesa delle famiglie ha un impatto positivo sull’economia, stimolando la produzione per 21,9 miliardi di euro e generando 253,8 milioni di nuove ore di lavoro.

La care economy, un pilastro del PIL

Il lavoro domestico contribuisce con 15,8 miliardi di euro al valore aggiunto nazionale, pari all’1% del PIL. Se si considera l’intero comparto della “care economy”, il valore raggiunge gli 84,4 miliardi di euro, ossia il 4,4% del PIL, superando settori chiave come l’agricoltura (39,5 miliardi) e la ristorazione (79,9 miliardi).

Le parole del Segretario Generale di DOMINA

Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, ha sottolineato: “Non solo grazie alle famiglie datoriali si riesce a sostenere il lavoro di cura, ma i 13 miliardi spesi dalle famiglie determinano uno stimolo alla produzione quantificabile in quasi 22 miliardi di euro. La nostra missione è non solo offrire assistenza e servizi, ma anche contribuire al riconoscimento della dignità di questo settore, perseguendo l’obiettivo di tutelare i diritti di lavoratori e datori di lavoro”.

Questo rapporto ribadisce il ruolo cruciale del lavoro domestico nell’economia italiana, evidenziando al contempo le sfide legate all’irregolarità e alla necessità di un maggiore supporto istituzionale.

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