Sono diverse le situazioni che possono determinare una malattia non retribuita in busta paga: quando succede e per quali ragioni.
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Malattia non retribuita
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Quella della malattia non retribuita in busta paga può essere un’evenienza abbastanza frequente fra i lavoratori dipendenti. In base alle leggi vigenti e al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di appartenenza, vi possono infatti essere dei casi specifici in cui l’assenza per malattia non viene indennizzata, né dal datore di lavoro né dall’istituto di previdenza. Scopriamo cosa c'è da sapere.

Che significa malattia non retribuita in busta paga?

Innanzitutto, è necessario comprendere cosa si intenda per malattia non retribuita in busta paga. Questa definizione si riferisce genericamente a periodi di assenza per motivi di salute in cui il lavoratore, pur giustificato, non riceve alcun indennizzo economico. Ciò può avvenire per ragioni diverse, quali:

  • l’assenza di copertura da parte dell’INPS nel periodo di carenza;
  • il superamento del periodo di comporto previsto dal CCNL di appartenenza;
  • l’assenza di certificazioni mediche adeguate;
  • la richiesta di aspettativa non retribuita.
Malattia del dipendente
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Naturalmente, sarà necessario distinguere tra i casi di malattia non retribuita dall’INPS e quelli, invece, non corrisposti dal datore di lavoro. A questo scopo, è utile ricordare che i principali riferimenti di legge sono nel D.P.R. 1124/1965 sugli infortuni e le malattie professionali, nel D.Lgs 81/2008 relativo alla sicurezza sul lavoro e nelle singole disposizioni INPS o del proprio CCNL di appartenenza. Inoltre, diversi rimandi sono presenti anche nella Legge 300/1970, ovvero lo Statuto dei Lavoratori.


Quando la malattia non è retribuita dall’INPS

Per comprendere come viene pagata la malattia, e i casi che non prevedono retribuzione, è innanzitutto necessario fare riferimento all’INPS. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale garantisce un’indennità di malattia ad alcune categorie di lavoratori - operai dell’industria, impiegati agricoli, apprendisti e lavoratori dello spettacolo - garantendo una retribuzione, completa o parziale, al posto del datore di lavoro.

Tuttavia, vi sono alcune situazioni in cui l’INPS non interviene e, di conseguenza, la malattia non viene indennizzata. Di norma, i casi più frequenti sono:

  • quando manca una certificazione medica valida o, ancora, viene comunicata in modo tardivo. In queste situazioni, l’INPS può rifiutarsi di riconoscere l’indennità;
  • durante il periodo di carenza, ovvero nei primi tre giorni di malattia, quando l’INPS non eroga indennità, fatta eccezione per eventi prolungati o ricoveri ospedalieri. L’eventuale presenza di una retribuzione dipende dal CCNL, se prevede specifici obblighi da parte del datore di lavoro;
  • quando si supera il periodo di massima indennizzabilità dall’INPS, normalmente di 180 giorni, salvo eccezioni;
  • quando il lavoratore rientra in alcune tipologie di assenza che l’INPS non gestisce direttamente. È il caso degli infortuni sul lavoro o delle malattie professionali coperte dall’INAIL, oppure di assenze non giustificate o dovute a violazioni disciplinari.

Quando il datore di lavoro non ti paga la malattia

Può capitare che la retribuzione durante la malattia non sia garantita dall’INPS, bensì direttamente dal datore di lavoro. È il caso, ad esempio, del già citato periodo di carenza - ovvero i primi tre giorni di assenza non gestiti dall’INPS, se previsti dal CCNL - ma anche degli impiegati dell’industria, per i quali è lo stesso datore di lavoro a dover intervenire.

Ma quali sono le situazioni in cui il datore di lavoro può non pagare la malattia? In linea generale:

  • nei primi tre giorni di malattia, se il CCNL di appartenenza non prevede una retribuzione a carico del datore e quest’ultimo non provvede autonomamente;
  • quando non viene fornito un certificato medico, la comunicazione è tardiva o l’assenza è del tutto ingiustificata;
  • al superamento del periodo di comporto, in base al CCNL di appartenenza, ovvero quel periodo in cui il lavoratore conserva il diritto alla retribuzione e al posto di lavoro;
  • al superamento del numero di eventi di malattia retribuiti nel corso dell’anno, sempre in relazione al CCNL di riferimento;
  • qualora il lavoratore decidesse di prendersi un’aspettativa per malattia, per assenze molto prolungate. In questo caso, il datore non paga la retribuzione per il periodo di aspettativa, dove il contratto viene formalmente sospeso.

Un caso particolare è rappresentato dalla malattia non retribuita nel periodo di prova: l’assenza può dar luogo alla sospensione della stessa prova, se ammessa dal CCNL applicato. Tuttavia l’eventuale diritto a un’indennità dipende dalle disposizioni dello stesso CCNL o, ancora, dalle prassi interne aziendali. 

Primi tre giorni e periodo di comporto: cosa sapere

Come visto nei precedenti paragrafi, vi sono varie condizioni che possono determinare una mancata retribuzione delle assenze per motivi di salute, che si rifletteranno sulla busta paga con specifiche trattenute per malattia non retribuita. Tuttavia, vale la pena approfondire alcuni casi specifici, per comprenderne il funzionamento.

Perché i primi tre giorni di malattia non vengono pagati

Tra i dubbi che più frequentemente colpiscono i lavoratori dipendenti, vi sono certamente le motivazioni alla base della mancata retribuzione nei primi tre giorni di malattia. Innanzitutto, è necessario sottolineare che nel calcolo non sono compresi i giorni festivi, con la possibilità però di riscattare le festività soppresse. Inoltre, come già spiegato, l’INPS non garantisce un’indennità nel cosiddetto periodo di carenza e il datore di lavore interviene solo se previsto dal CCNL o, ancora, per iniziativa autonoma. Per quali ragioni?

La motivazione principale è legata alla necessità di disincentivare, o comunque ridurre, il fenomeno dell’assenteismo: storicamente, gli abusi più frequenti sull’indennità di malattia si verificano proprio sulle assenze brevi o brevissime. Non corrispondendo una compensazione, quando non prevista, si tenta di arginare questo fenomeno.

Dipendente malato
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Dopodiché, bisogna considerare che:

  • poiché l’INPS interviene solo dal quarto giorno, il datore di lavoro ha responsabilità specifiche solo se previsto dal CCNL di appartenenza, come più volte ripetuto;
  • le singole gestioni contrattuali potrebbero prevedere comunque indennizzi, ma non sempre completi.

Alcuni CCNL regolano i primi tre giorni di malattia in base al numero di eventi che si verificano nell’anno solare. Ad esempio, la malattia non retribuita nel CCNL Commercio, per i primi tre giorni prevede che:

  • il primo evento sia retribuito al 100%;
  • il secondo evento sia retribuito al 75%;
  • dal terzo non vi sia più alcuna retribuzione. 

Come funziona il periodo di comporto e la richiesta di malattia non retribuita

Un’altra utile specifica è relativa al periodo di comporto, ovvero quel lasso di tempo in cui il lavoratore può assentarsi per malattia senza correre il rischio di essere licenziato, indipendentemente abbia diritto - o meno - all’indennità. In genere, questo periodo dura 180 giorni per l’INPS, ma può variare in base ai singoli CCNL. Di norma, all’interno del periodo di comporto la retribuzione è garantita - seppur, spesso in forma ridotta - mentre allo scadere si può perdere questo diritto. 

Ma cosa succede se, al termine del periodo di comporto, si ha la necessità di prolungare la propria assenza, senza perdere il posto di lavoro? Si può tentare con la richiesta di aspettativa, dove di fatto si accetta volontariamente di mettersi in malattia non retribuita, sospendendo così gli obblighi di retribuzione da parte del datore di lavoro. Le modalità, però, possono variare a seconda del CCNL sottoscritto. Ad esempio:

  • nel CCNL Metalmeccanica, si può usufruire di un periodo di aspettativa di 4 mesi dopo il periodo di comporto. In caso di prolungamento grave della malattia, questo periodo di mancata retribuzione può essere esteso a 24 mesi;
  • nel CCNL Terziario, dopo il periodo di comporto di 180 giorni, si può richiedere un’estensione non retribuita di altri 120 giorni. Se la malattia è grave, si può ottenere un’aspettativa di 12 mesi;
  • nel CCNL Turismo, dopo il comporto si può approfittare di un’aspettativa di 120 giorni, con la possibilità di estensione a 12 mesi in presenza di malattie gravi e continuative;
  • nel CCNL Scuola, il periodo di comporto dura 18 mesi, a cui si può aggiungere un’aspettativa non retribuita di altri 18 mesi per problematiche di salute gravi.

Come è facile intuire, prima di valutare la richiesta di malattia non retribuita, è bene consultarsi sia con il datore di lavoro che con le associazioni di categoria, per valutare possibilità e diritti a propria disposizione, così come eventuali obblighi.

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