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Le sanzioni alla Russia sono l’arma scelta dalla diplomazia internazionale per evitare uno scontro sul campo che porterebbe alla terza guerra mondiale. L’obbiettivo è quello di isolare finanziariamente il Paese guidato da Putin allo scopo di limitare la durata dell’attacco all’Ucraina. Vediamo allora, oltre alle sanzioni già predisposte, quali sono le sanzioni finanziarie quali l’esclusione dallo Swift e il declassamento del debito sovrano, e quali saranno i loro effetti.

Cosa è il sistema Swift e cosa significa escluderne la Russia

Lo Swift è la rete internazionale di messaggistica per i pagamenti interbancari che garantisce gli scambi di capitale tra un Paese e l’altro. Acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication e fondato in Belgio negli anni ’70, è un sistema di messaggistica tra oltre 11 mila banche e finanziarie che consente i pagamenti di beni e servizi da una nazione ad un’altra, garantendo sicurezza e rapidità nelle transazioni.

E’ in sostanza una sorta di chat che connette le banche internazionali l’una all’altra, identificandole con il “codice Swift” che ognuno di noi può trovare tra le credenziali del proprio conto corrente. Nel momento in cui deve avvenire una transazione tra un conto corrente di una banca e un altro di un’altra banca situata in un Paese diverso, la banca del pagante invierà un messaggio criptato alla banca del ricevente contenente le credenziali perché lo scambio di denaro possa avvenire in sicurezza.

Escludere la Russia da questo sistema significa impedirle sia di effettuare che di ricevere pagamenti internazionali. Il che da un lato inibisce l’accesso ai capitali da parte della Russia; capitali che possono essere depositati all’estero sottoforma di liquidi, titoli, bond eccetera, e che servono per tenere in vita le banche nazionali. Ma impedirebbe anche l’incasso dei pagamenti per servizi forniti, ad esempio per il gas erogato all’Europa (le entrate russe da esportazione di energia sono quasi la metà del totale), che in questo modo non lo potrebbe pagare. Il che avrebbe, presumibilmente, l’effetto boomerang della sospensione delle forniture e la crisi energetica nel Vecchio Continente. L’Italia ha davanti a sé un’autonomia di circa tre mesi con il gas attualmente disponibile: dopodiché dovrà rivolgersi ad altri fornitori e alla produzione propria se vorrà far fronte al problema.

Un'altra conseguenza dell’esclusione della Russia dallo Swift è il fatto che in questo modo si colpiscono anche banche non russe ma con sede sul territorio di Putin. O addirittura le banche europee, esposte pesantemente sulla Russia (l’esposizione di quelle italiane ammonta a circa 25 miliardi di dollari). Ragione per cui probabilmente l’esclusione della Russia dallo Swift potrebbe essere solo parziale, escludendo questo tipo di situazioni.

Va detto che nulla impedirebbe alla Russia, una volta esclusa dallo Swift, di servirsi di altri sistemi interbancari di pagamento per attingere a capitali da altri Paesi non ostili, come la Cina (che utilizza il CIPS, l’equivalente dello Swift), oppure servirsi delle criptovalute per bypassare qualsiasi problema di denaro fisico.

S&P declassa il debito russo a spazzatura

Intanto l’agenzia di rating S&P Global ha tolto la tripla B al debito sovrano russo, declassandolo a “junk bond”: cosa significa questo? Che se le banche russe – sanzionate o meno - vogliono prestiti garantiti da titoli di Stato russi, dovranno portare maggiori garanzie, pena il fallimento della banca. La banca centrale russa al momento sta stampando rubli per far fronte alla richiesta di denaro, ma ciò sta già facendo impennare l’inflazione e perdere valore alla moneta nazionale. Contemporaneamente i tassi di interesse russi sono balzati dal 9,5 al 20 per cento per incentivare i depositi e aumentare quindi le garanzie.

Ma quali conseguenze avrà tutto questo? Proprio l’agenzia S&P ha stilato un’analisi punto per punto sulle implicazioni delle sanzioni finanziarie alla Russia.

  • Gli investitori, scrivono, potrebbero presto iniziare a chiedere un "premio di incertezza" in termini di rendimenti più elevati. In aumento i tassi di riferimento, combinati con un allargamento degli spread, potrebbero porre fine a una corsa storica di condizioni di finanziamento favorevoli. Potrebbero esserci ostacoli operativi e strutturali e piccole e medie imprese altamente indebitate che potrebbero incidere sulla qualità del credito.
  • La ripresa economica post pandemia potrebbe essere molto rallentata dalla situazione presente, colpendo asimmetricamente tutte le regioni del mondo a seconda della loro dipendenza dalla Russia. D’altro canto la Cina non potrà rimpiazzare completamente, e sicuramente non subito, le mancate esportazioni russe nel resto del mondo, dato che ne convogliano appena il 14 per cento.
  • Relativamente alle banche esposte verso la Russia – prevalentemente OTP, Raiffeisen Bank International, Société Générale e UniCredit, - S&P è ottimista sul fatto che possano reggere il colpo, come è accaduto per altri precedenti periodi di stress. Idem per altre banche internazionali, che potrebbero sperimentare cali di attività ma comunque tenersi in piedi sfruttando occasioni di breve termine.
  • I prezzi dell’energia e delle materie prime, insieme alla volatilità del mercato, potrebbero intaccare la fiducia nella ripresa economica. Tuttavia ci vorrà, secondo S&P, un colpo molto più forte per erodere il valore degli asset di privati e imprese, e di conseguenza il potere delle banche. Tuttavia il rischio di una escalation dell’invasione che possa portare ad una conseguenza di questo genere resta all’orizzonte.
  • La questione centrale, secondo S&P, resta quella energetica in Europa. L’Ue è importatore netto del 70 per cento del suo fabbisogno di petrolio, del 19 per cento di gas naturale, del 6 per cento di LNG e del 3 per cento di carbone. Di tutto questo, un quarto arriva dalla Russia; in particolare si tratta del 47 per cento del fabbisogno di gas e del 25 per cento di petrolio. La questione è quindi quanto rapidamente l’Europa possa rimpiazzare tutto questo diversificando le fonti di approvvigionamento: ci possono infatti volere anni prima di concretizzare investimenti in fonti rinnovabili o anche nucleari.
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