L'interpretazione di Aigab del mercato immobiliare nel capoluogo lombardo
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Paolobon140, CC BY-SA 4.0 Wikimedia commons

Nel clou della stagione turistica e alla vigilia dell’inizio del nuovo anno accademico torna ad imporsi il tema degli affitti turistici e studenteschi, con la voglia di capire le ragioni degli aumenti dei canoni e le eventuali responsabilità. Una questione che più che altrove è spinosa a Milano, specchio ormai delle estreme dinamiche possibili nel mercato immobiliare italiano, per via della sua crescente attrattività sotto vari profili che mal si sposa con il costo dei suoi alloggi. Aigab, l’associazione degli operatori professionali di affitti brevi, ha prodotto un’analisi dell’andamento dei prezzi immobiliari a Milano e dell’influenza degli affitti brevi su di essi, dando un’interpretazione del fenomeno.

Prezzi e canoni di affitto a Milano, le ragioni degli aumenti

Crescita demografica

L’analisi dell’Associazione dei property manager italiani parte dalla considerazione che Milano è innanzitutto una città in cui la domanda di alloggi è estremamente vivace. Al contrario di quasi tutte le città italiane, che vivono un profondo declino demografico, a Milano infatti la popolazione cresce costantemente, sia per quanto riguarda il Comune che per quanto riguarda la Città metropolitana (per intenderci, l’hinterland).

Nel 2022 si contano a Milano 1,36 milioni di residenti: un numero calato soltanto in occasione della crisi del post-Lehman Brothers e della pandemia da Covid, ma altrimenti cresciuto sempre in maniera costante.

Occorre considerare che, come nel resto d’Italia, il saldo tra nascite e decessi di Milano è negativo; tuttavia la crescita demografica esiste, ed è dovuta alla forte attrazione che la città esercita su studenti e lavoratori, sia italiani che stranieri, che costituiscono una parte significativa della richiesta di alloggi.

Aigab
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Prezzi medi di vendita

Considerata un’offerta immobiliare sostanzialmente invariata, combinata con l’aumento delle famiglie residenti e dall’alto numero di studenti universitari, ciò spiega, a parere di Aigab, la dinamica principale dell’aumento dei prezzi di vendita delle case a Milano. Nel 2024 il prezzo medio al metro quadro di un alloggio a Milano è di 5500 euro, circa 200 euro in più rispetto allo scorso anno e più di 1500 euro in più rispetto al 2018.

Canoni di affitto in aumento a Milano

“L’aumento dei canoni di locazione di Milano, - spiega Aigab, - ha una dinamica simile e dipende evidentemente dall’aumento del numero di famiglie residenti (in media 10mila famiglie in più ogni anno al netto del 20/21), dall’aumento del numero di studenti universitari, dalla sostanziale invarianza dell’offerta, ma anche dal cambiamento delle abitudini della domanda, essendo negli anni post Covid aumentata la domanda di stanze singole, comportamento che ha ulteriormente ridotto l’offerta facendo aumentare i prezzi di affitto. Aggiungiamo l’attrattività turistica. Milano, dall’Expo in avanti ha aumentato la sua capacità di attrazione, e, soprattutto durante i picchi degli eventi (Salone del mobile, concerti ecc. NdR), il segmento di ricettività alberghiera non è in grado di soddisfare da solo la domanda da parte dei viaggiatori provenienti da ogni dove”.

Tutto ciò conduce ad un livello di canoni attestatisi a 23 euro al metro quadro mensili a fronte dei 18 pagati nel 2019, in media.

Caro affitti: il problema sono davvero gli affitti brevi?

Delineata la situazione come sopra, il dubbio è quale sia il ruolo effettivo degli affitti brevi nel causare tali aumenti. Un dubbio che per molte amministrazioni comunali, Milano compresa, è certezza, dal momento che sono allo studio  - e talvolta sono già state applicate, - soluzioni che ne limitano la presenza nei centri cittadini.

Secondo Aigab, la soluzione al problema non può essere quella di limitare la libertà dei proprietari di disporre dei propri appartamenti, per almeno due ordini di motivi: primo, non sono questi appartamenti a causare l’aumento dei canoni, dal momento che il loro numero è esiguo rispetto al totale; secondo, il business degli affitti brevi, lungi dall’essere problematico, è invece necessario e genera ricchezza.

offerta case
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Quanti sono gli immobili in affitto breve

Dati alla mano, Aigab dimostra che a Milano, “sul totale delle circa 809.990 mila case presenti a Milano, il 63,9% vale come prima casa, il 22,6% (circa 183.227) è affittato con la formula tradizionale del 4+4, il 13,5% (circa 109.404) fa riferimento a case non occupate, mentre quelle messe a reddito con finalità di affitti brevi sono solo il 2,4%, pari a 19.271 mila del totale delle abitazioni complessive. Aggiungendo dettagli,

le case messe a reddito a Milano tramite lo strumento degli affitti brevi (l’80% delle quali è costituito da monolocali o case con una sola camera da letto quindi difficilmente utilizzabili da una famiglia per affitti a lungo termine) sono 1/10 di quelle affittate 4+4

e il 17% di quelle sfitte (di cui 16.423 di proprietà pubblica). Inoltre, se guardiamo alla disponibilità̀, solo il 36% delle case sono stabilmente offerte online per tutto l’anno, mentre il 41% viene promosso online per meno del 30% delle notti”. Inoltre, “Secondo Inside Airbnb, per statuto contrario agli affitti brevi, a giugno 2024 stabilmente online con finalità di affitti brevi c’erano solo 7.466 immobili (pari allo 0,9% del totale), a conferma che la grande emergenza di cui si parla nei fatti e nei numeri va ridimensionata”. 

Aigab
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La ricchezza generata dagli affitti brevi

Premesso che il business degli affitti brevi dovrebbe essere considerato non un problema ma una ricchezza in una città come Milano, in cui la domanda di alloggi è alta e varia e l’ offerta immobiliare dovrebbe essere altrettanto variegata, i modi con cui gli affitti brevi generano ricchezza secondo Aigab sono almeno tre.

Salvaguardia del patrimonio immobiliare

Primo, salvano gli immobili dal rimanere sfitti e privi di manutenzione. Da un’analisi fatta su circa 8mila immobili gestiti in 10 anni da associati AIGAB su Milano, infatti, emerge che solo una minima parte degli immobili entrati nel circuito degli affitti brevi proviene da quello dell’affitto tradizionale 4+4, e può quindi dirsi “sottratto” a quel mercato. La gran parte dell’offerta proviene invece da immobili ereditati, sfitti o abitati in precedenza da proprietari e dei quali non avranno bisogno solo temporaneamente. Immobili, in altre parole, che se non fossero affittati resterebbero abbandonati.

Integrazione del reddito

Il secondo modo di generare ricchezza è l’integrazione del reddito che gli alloggi affittati garantiscono ai proprietari. I quali sono spesso a torto confusi con speculatori: chi fa le cose in regola, avverte Aigab, non specula ma anzi deve detrarre dai canoni incassati una pluralità di costi quali, costi di pulizia, tasse di proprietà, cedolare secca sui canoni, costi sostenuti per ristrutturare e arredare gli immobili, compensi di architetti e fotografi, commissioni dei portali, salari del personale che si occupa di manutenzioni e pulizie connesse a queste attività. La quota di immobili acquistati appositamente per investimento, segnala Aigab, è di circa il 12% e proviene molto spesso da famiglie di capoluoghi del sud che acquistano immobili in vista del futuro universitario dei figli e lo trasformano in investimento temporaneo.

Indotto generato

In terzo luogo, gli affitti brevi generano ricchezza grazie all’indotto che creano. Secondo Aigab, per la sola Milano si stima che “i 7mila immobili che i legittimi proprietari hanno deciso di mettere a reddito stabilmente attraverso gli affitti brevi, insieme ad altri 10mila saltuariamente destinati a questo scopo, abbiano portato negli ultimi 12 mesi un contributo di circa 473milioni in termine di valore delle prenotazioni nel Comune di Milano.

L’indotto dei soli viaggiatori che dormono nelle case online è stimato in circa 1,89miliardi di euro, di cui 474milioni speso per trasporti, 570milioni in ristorazione, 167milioni in cultura, 513milioni in shopping e 56 milioni presso agenzie di viaggio.

È stimabile che circa il 74% del PIL prodotto, pari quindi a circa 1,8miliardi, sia direttamente consumato sul suolo cittadino, lasciando in Città circa 294milioni di IVA e quasi 54 milioni di cedolare secca, oltre all’imposta di soggiorno versata al Comune”.

Caro affitti a Milano: possibile soluzione

I dati segnalati da Aigab dimostrano senza troppa tema di smentite che la variabile “affitti brevi” sia solo un parametro in una situazione molto complessa che genera, a Milano come altrove, l’aumento dei costi degli alloggi. È però anche vero, e su questo ragionano le amministrazioni pubbliche che spingono per limitare il business nei centri urbani, che

gli alloggi in affitto breve, per quanto limitati numericamente, tendono a concentrarsi tutti in determinate zone, causando aumenti dei prezzi non solo nella zona in questione ma anche in quelle limitrofe, in un effetto di spillover a cascata su tutta la città.

Il che, aggiunto alle normali variabili macroeconomiche quali inflazione e costo della vita, all’adeguamento dei canoni dei contratti 4+4 ai parametri Istat, e all’aggiustamento dei prezzi in base alle rinnovate esigenze del turismo internazionale e altospendente, può portare in alcune zone, di Milano e non solo, a situazioni economicamente davvero insostenibili, sia sotto il profilo abitativo che, in generale, per il costo di beni e servizi.

La domanda è quindi: quanto del problema si risolverebbe, limitando il business degli affitti brevi? Secondo Aigab, ben poco, considerando che risoluzioni in questo senso non solo sono invasive della proprietà privata, ma vanno paradossalmente a colpire proprio i property manager, che sono i soli a poter modificare le tariffe praticamente in tempo reale, abbassando i canoni laddove si rivelino troppo cari e non favoriscano la piena occupazione degli alloggi.

“La verità è che i canoni scendono se si realizzano politiche di alloggi pubblici, - commenta Aigab. - La via delle limitazioni al mercato non porta da nessuna parte come dimostrano i casi di New York o Barcellona dove, oltre a violare le leggi sulla proprietà privata, gongolano gli albergatori che si vengono o verrebbero a trovare in evidente situazione di vantaggio”.

Peraltro, tale situazione rischia di dare la stura ad una impennata incontrollata dei prezzi delle stanze in hotel: secondo un’analisi del data center dell’agenzia AlbergatorePro datata maggio 2024 e ripresa da Ansa, la tariffa media giornaliera di una camera doppia con colazione inclusa a Milano è salita nel 2023 del 17,3 per cento annuo a quota 155,37 euro, con previsioni di un 2024 in ulteriore crescita (a maggio 2024 il parametro era già salito a 163,14 euro).

Gli affitti brevi in questo senso potrebbero contribuire a differenziare l’offerta, facendo addirittura da salvaguardia alla concorrenza nel business dell’alloggio turistico.

La soluzione al caro affitti invece, precisa Aigab, è aumentare l’offerta abitativa, l’unica variabile nell’equazione che può determinare un abbassamento dei prezzi in presenza di una domanda molto alta. Regione Lombardia e Comune di Milano, ricorda l’Associazione, dispongono di 62 mila case pubbliche di cui 8500 vuote; e si tratta non solo di alloggi di periferia ma anche in zone centrali in immobili di pregio. Il punto di partenza per una soluzione duratura passa sicuramente da qui.

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