
Oltreoceano il tema degli affitti brevi torna alla ribalta, e subito anche in Italia si drizzano le antenne. La notizia è che New York ha inaugurato forti restrizioni contro gli appartamenti affittati tramite AirBnb, e che il ricorso presentato da quest’ultima è stato un flop. Da oggi, 5 settembre, sono quindi in vigore nella Grande Mela nuove e più stringenti modalità di soggiorno in appartamento. Le reazioni nel nostro Paese, dove il tema è ugualmente caldo, non si sono fatte attendere.
Le nuove norme di New York su AirBnb
Il ricorso presentato da AirBnb contro le restrizioni imposte alla piattaforma dalla città di New York è stato perso, poiché il tribunale statale di Manhattan ha ritenuto che le restrizioni fossero legittime. Ma di che restrizioni si parla?
In particolare, dal 5 settembre 2023 sarà vietato a New York affittare un intero appartamento per meno di 30 giorni; i contratti inferiori a 30 giorni saranno consentiti solo se l’host è residente nell’appartamento che affitta; non saranno consentiti più di due ospiti (come faranno le famiglie con figli che vorranno visitare la Grande Mela è tutto da vedere, perciò). Inoltre, i proprietari che affittano casa su AirBnb dovranno essere registrati e autorizzati da uno specifico ufficio del Comune. Pena per le trasgressioni, 5mila dollari per ogni violazione.
New York banna AirBnb, quali conseguenze?
Le conseguenze di questa stretta sugli affitti brevi a New York – che comunque va letta alla luce della diversa offerta immobiliare rispetto, ad esempio, a casa nostra, - si riverbereranno sicuramente nei confronti delle durate brevi e dei gruppi numerosi. Potrebbero poi tradursi in un esempio che altre città potrebbero seguire, portando piano piano all’implosione di uno dei modelli di business più innovativi degli ultimi decenni, assicurando sì un maggiore controllo ma penalizzando in qualche modo tanto il modo di viaggiare odierno quanto il modo di “arrotondare” il proprio stipendio grazie al possesso di una casa da condividere.
Il caso AirBnb a New York e le reazioni in Italia
In Italia, manco a dirlo, l’attenzione è massima dato che il tema è stato ed è ancora molto caldo anche ora che l’estate volge al termine e si torna a rivolgere il focus sulle case per studenti e lavoratori. Ma anche gli albergatori non hanno mancato di dare una stoccata al settore. “Le regole del comune di New York non prevedono divieti, ma solo il ragionevole obbligo di rispettare le regole vigenti per l’attività che eserciti. Se vuoi fare l’albergatore, prendi una licenza da albergatore. Purtroppo, non è così in Italia, paradiso dei furbetti delle locazioni brevi”, ha commentato a Pambianco Hotellerie il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara.
Immediata la reazione sui social di Marco Celani, presidente di AIGAB, l’associazione degli operatori professionali di affitti brevi in Italia. “Troviamo scorretto e vergognoso che Federalberghi denigri una intera categoria di host, investitori e imprenditori. Il mondo degli affitti brevi italiano comprende centinaia di migliaia di proprietari di case, circa 25mila imprenditori professionali, centinaia di società di software specializzate, migliaia di imprese di pulizie. Nessuno di noi vuole fare l'albergatore. Ci occupiamo di affittare case, punto. Chi vede negli affitti brevi un concorrente è qualcuno che non ha saputo innovare, non ha investito e non offre servizi all'altezza dell'aspettativa del suo cliente. Nei due stelle arredati anni '70 non ci vuole andare più nessuno. Oggi una buona parte dei viaggiatori vuole hotel di livello e belle case, non hotel vetusti. Esiste un mercato libero in cui l’ospite sceglie, se la politica si fa tirare per la giacca a chiudere una fetta di posti letto, si costringerà chi deve viaggiare ad andare in hotel, chi potrà scegliere cambierà destinazione”.
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